Iran: dopo l’elezione a giugno del 2021 del presidente Ebrahim Raisi, noto per il suo conservatorismo, le esecuzioni sono aumentate del 25%. Lo hanno fatto sapere (dice “Asia News” che riporta la notizia) due associazioni umanitarie, rispettivamente francese e norvegese.
Esse precisano che sono quintuplicate rispetto al 2020 le esecuzioni per reati legati al traffico di droga: sono state 126 le persone impiccate. Le donne che hanno affrontato il boia, poi, sono state quasi il doppio.
Lo scorso anno l‘Iran si era già aggiudicato il triste primato del Paese con più esecuzioni rispetto al numero di abitanti. Le organizzazioni per i diritti umani “Iran Human Rights” (Ihr) e “Insieme contro la pena di morte” (Ecpm) hanno fatto sapere che quest’ultima è spesso usata contro i dissidenti (ma non ci sorprende).
Le stesse organizzazioni hanno spiegato in una nota diffusa qualche giorno fa, che le pene capitali sono inflitte soprattutto per l’accusa di omicidio e per traffico di droga.
Tornando a dare un po’ di numeri, “Asia News” spiega che “Nel 2021 sono almeno 333 i detenuti giustiziati, con un aumento del 25% rispetto all’anno precedente (267). L’accelerazione maggiore, precisano gli attivisti, ‘è avvenuta in seguito all’elezione’ di Raisi ‘e sono raddoppiate nella seconda metà’ dello scorso anno ‘se confrontate con la prima metà” del 2021. In particolare, vi è un dato che fa riflettere: lo scorso anno sono finite fra le mani del boia almeno 17 donne, rispetto alle nove del 2020, oltre a due persone che erano ancora minorenni al momento del reato.
Delle 17 donne uccise mediante impiccagione, 12 sono state giustiziate per omicidio. A destare particolare preoccupazione sono le esecuzioni di donne condannate per aver ucciso il coniuge dal quale subivano violenze domestiche, anche gravi”.
Le autorità della Repubblica Islamica, inoltre, “ci tengono” che chi denuncia sia presente o metta in atto personalmente la condanna. Un esempio è quello di Maryam Karimi, impiccata il 13 marzo dalla figliastra 19enne, per aver ucciso (con la complicità del proprio padre) il marito violento Ebrahim, che rifiutava di concederle il divorzio.
Continuiamo il tragico bilancio, dicendo che mentre sono stati 25 i giustiziati per droga nel 2020, nel 2021 sono stati, come praticamente già detto, 101 in più. Inoltre le condanne a morte hanno colpito spesso etnie diverse da quella maggioritaria in Iran: il 21% degli impiccati erano beluci; comunque erano “solo” tra il 2 e il 6% della popolazione.
Il rapporto continua sottolineando che sistematicamente, nelle carceri iraniane, si fa uso di torture di ogni tipo, per costringere il detenuto o la detenuta a confessare. Naturalmente c’è chi rimane ucciso sotto tortura o per cure inadeguate; ma in genere queste morti non ottengono giustizia.
Va detto che gli iraniani sono sempre più contrari alla pena di morte più favorevoli alla “diva” (il “prezzo del sangue” alla famiglia della vittima) per il condannato. Tuttavia, per citare sempre “Asia News”, mullah ed ayatollah utilizzano le esecuzioni per “diffondere la paura e rendere i cittadini complici delle loro brutalità e della loro violenza”. Lo ha spiegato il direttore Ihr Mahmood Amiry-Moghaddam.
Le due ong hanno quindi sollecitato ad esigere il rispetto di diritti umani, nella discussione sul nucleare, ma non è servito a nulla.