Il progetto di moschea più grande d’Europa mette in crisi la Francia
Una polemica su più livelli, che parte da un caso locale fino ad assumere una dimensione nazionale, con risvolti geopolitici. Al centro della contesa la futura moschea di Strasburgo Eyyub Sultan, destinata a diventare la più grande d’Europa nel 2022. Ma il progetto, gestito dalla controversa associazione filo-turca Millî Görüs, mette in imbarazzo le istituzioni locali e fa infuriare il presidente Emmanuel Macron, che proprio in questi ultimi mesi ha lanciato la sua crociata contro l’Islam radicale in Francia con il progetto di legge sul separatismo islamista attualmente in esame al Senato.
Quello della moschea di Strasburgo è un cantiere titanico lanciato nel 2008, che una volta terminato sarà capace di accogliere fino a 2.500 fedeli in una struttura in stile ottomano, sovrastata da due minareti alti 36 metri, al cui interno ci sarà anche un centro commerciale, un ristorante, un centro di ricerca e un museo. Costo dell’operazione: 32 milioni di euro per l’intera struttura, di cui 25,6 milioni solamente per la moschea.
E proprio sulla questione del finanziamento si è aperto uno scontro tra il governo e la sindaca ambientalista Jeanne Barseghian. La scintilla si è accesa quando il consiglio comunale ha approvato il “principio di una sovvenzione” pubblica da 2,5 milioni di euro alla moschea, che andrà a coprire il 10 per cento dei lavori. Una decisione che dovrà essere confermata da un ulteriore voto, possibile grazie al fatto che in Alsazia e in Lorena non vige la legge che prevede la separazione tra Stato e Chiesa promulgata nel 1905, quando le zone erano tedesche.
Immediata, però, la reazione su Twitter del ministro dell’Interno Gerald Darmanin: “La sindaca verde di Strasburgo finanzia una moschea sostenuta da una federazione che si è rifiutata di firmare la carta dei principi dell’Islam di Francia e che difende un islam politico”. Il riferimento è al testo elaborato in parallelo alla legge contro il separatismo e sottoscritto dalle federazioni musulmane di Francia, che riconoscono una compatibilità tra i loro valori e quelli della République. Uno strumento “fondatore dell’Islam di Francia”, secondo Macron, che sta cercando di strutturare la seconda confessione religiosa del paese, nel tentativo di allontanarla dalle influenze straniere e dagli ambienti radicali. Tra le varie misure contenute nel testo attualmente in discussione c’è quella che punta a mettere fine al sistema degli “imam distaccati” inviati da paesi come Algeria, Turchia o Marocco per formare in Francia nuovi predicatori, ma anche quella che cerca di limitare i finanziamenti provenienti dall’estero.
In un simile progetto Millî Görüs appare come una spina nel fianco di Macron. L’associazione, che difende posizioni particolarmente conservatrici, è stata fondata negli anni sessanta e oggi è presente soprattutto in Germania, dove è seguita dall’intelligence per “tendenze islamiste”. Con una rete di 600 moschee in tutta Europa, tra cui 7 in Francia, l’associazione può contare sulle donazione di 150mila aderenti. Solamente nella regione di Parigi, l’Ile-de-France, Millî Görüs gestisce nove strutture tra scuole, centri culturali e moschee, mentre nel gennaio dello scorso anno è riuscita ad ottenere un posto di rilievo all’Interno del Consiglio francese dle culto musulmano con l’elezione di Fatih Sarikir a segretario generale. “Controllano l’Islam di Francia. Né le associazioni locali né lo Stato sono stati in grado di fermali”, afferma al Parisien una fonte vicina al mondo associativo. Secondo molti osservatori, dai primi anni duemila l’associazione si è avvicinata progressivamente al presidente turco rece Tayyp Erdogan allacciando una relazione di primo piano.
Dal canto suo, la prima cittadina di Strasburgo si è difesa dalle accuse parlando di una “strumentalizzazione politica” creata ad hoc. “Se questa associazione presenta simili rischi, perché il governo non l’ha mai sciolta?” si è chiesta ai microfoni di BfmTv, spiegando di non essere stata avvisata sui “rischi” che rappresenta una simile realtà. L’episodio è diventato un caso nazionale nel giro di poche ore: il partito Europa Ecologia-I Verdi (Eelv) ha fatto blocco attorno alla sindaca, mentre il prefetto del Basso-Reno, Josiane Chevalier, ha criticato la prima cittadina ricordandole di aver “più volte” informato il comune su Millî Görüs. Nella bagarre si è buttata a capofitto anche la destra, che non ha perso tempo a rispolverare l’etichetta di islamo-gauchiste, utilizzata per indicare una presunta affinità tra alcuni ambienti di sinistra e l’islamismo radicale.
L’escalation di critiche e accuse reciproche è arrivata fino all’Eliseo, dove il presidente Emmanuel Macron giovedì sera, al termine del Consiglio europeo, ha difeso il suo ministro, parlando di collettività locali “forse un po’ troppo compiacenti”. Il capo dello Stato ha ribadito quanto già affermato in passato, dichiarando che ci sono “gruppi politici sul continente europeo” legati a doppio filo a “organi di propaganda ufficiale”. Un chiaro riferimento ad Erdogan, suo diretto rivale di questi ultimi tempi. Macron aveva già inviato una prima frecciata, molto più velenosa, all’omologo turco martedì, dichiarando apertamente in un’intervista trasmessa da France 5 che in occasione delle prossime elezioni presidenziali del 2022 ci saranno sicuramente dei “tentativi di ingerenza” da parte di Ankara. Una secchiata di benzina gettata improvvisamente su un fuoco che in queste ultime settimane si stava affievolendo, con un Erdogan più pacato nei toni e meno incline allo scontro.
Ma attaccando apertamente il suo omologo turco Macron tiene nella linea di tiro anche le elezioni del prossimo anno, puntando nel campo della sua diretta rivale, la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen. Il presidente europeista che in questi anni ha costruito un’immagine da difensore del libero mercato e alfiere del liberalismo contemporaneo adesso deve indossare una corazza protezionista per andare a caccia dell’elettorato di destra nei territori della sfidante. In quest’ottica, Erdogan appare come il nemico perfetto, della Francia ma anche dell’Europa, mentre i Verdi dopo i recenti successi alle municipali cominciano a ritagliarsi il loro posto al sole tra le fila dell’opposizione.
Di Danilo Ceccarelli per Huffington Post