È importante chiudere al più presto la partita del Covid e fugare le paure degli italiani. Vanno riattivati i circuiti della fiducia
Ha ancora senso oggi dividersi tra aperturisti (quelli che vogliono riaprire le attività al più presto, seguendo protocolli di sicurezza vincolanti) e rigoristi (quelli che invece vogliono mantenere chiuso tutto, per evitare che i contagi corrano troppo come in Francia o in Germania)?
I due schieramenti rappresentano le due paure con cui sta facendo i conti ogni italiano, anzi ogni abitante del pianeta: una, immediata, di essere contagiato da un virus che si è dimostrato sconvolgente per gli umani, e l’altra di essere travolto da una drammatica crisi economica che, per ora, riguarda alcune famiglie e alcuni aggregati economici, ma che potrebbe travolgere gli assetti economici e sociali di un paese come il nostro, già debole da prima.
Infatti, la pandemia ha avuto non solo conseguenze sanitarie eccezionali, ma ha anche aggravato un clima sociale ed economico che, da molti anni, induceva le famiglie italiane ad avere pochi figli, a consumare meno in beni e servizi e a non investire in beni durevoli, risparmiando nell’ottica del “contante sotto il materasso” (ossia, dell’incremento del conto corrente bancario o in titoli vincolati a lunga scadenza). Negli ultimi tempi si è persino registrata un’impennata delle iscrizioni all’università dovuta alla rinuncia di centinaia di migliaia di giovani di presentarsi in un mercato del lavoro ritenuto troppo difficile.
Non sarà semplice salvare capra e cavoli. Date le circostanze, una possibilità è data dalla velocità con cui si chiude la pandemia e dalla capacità di fugare da subito le paure delle famiglie italiane. Se, con i vaccini, riusciamo in poche settimane a riprendere una vita semi-normale (ossia normale in tutto, seppure mantenendo le attenzioni affinché non ripartano i focolai) e, allo stesso tempo, riusciamo ad invertire la rotta economica, liberando sin d’ora la vitalità economica e sociale degli italiani, sarà possibile sopravvivere sia al Covid che alla crisi economica.
Per promuovere la vitalità degli italiani un governo autorevole e illuminato dovrebbe agire in modo da riattivare quei circuiti di fiducia nel futuro che si erano ristretti già da prima della pandemia e che si sono quasi chiusi nell’ultimo anno. A questo fine, potrebbe far svolgere una o più indagini mirate a valutare le condizioni alle quali determinati circuiti ora bloccati possono essere riattivati. Tra gli altri: quello del fare più figli, del fare più impresa, del rimettere in circolo il risparmio, del trovare il giusto dosaggio tra formazione e lavoro, insomma vanno riattivati i circuiti per far tornare gli italiani più normali di prima.
Se uno osserva con cura i dati dei contagi in Italia, si accorge che in alcuni giorni della settimana il contagio è inferiore a quello atteso sulla base dell’andamento. Fin qui, nessuna stranezza: che il tracciamento dei contagi risenta in negativo dei fine settimana e delle feste comandate è, per certi aspetti, comprensibile. Succede persino nella quadrata Germania, figuriamoci nei paesi mediterranei: la Spagna, per precauzione, in quei giorni, evita persino di diffondere statistiche.
Che negli ospedali italiani si tenda a non morire di Covid durante i fine settimana e di lunedì è, invece, piuttosto strano. Guardiamo i dati della Tabella 2 che sintetizzano le statistiche delle prime 12 settimane del 2021. I dati sono eloquenti: di domenica, si registrano oltre 100 morti in meno che negli altri giorni, mentre di lunedì i contagi registrati sono quasi 5.000 in meno che negli altri giorni della settimana. Questi sono i due giorni cruciali, ma anche nel giorno che precede e in quello che segue ciascuno di questi giorni “cruciali” si hanno cali inspiegabili di contagio e di mortalità. segue…