Troppe scorte, troppi scarti. La cultura del benessere e il processo di deumanizzazione – Di Francesco Barone – Ambasciatore di Pace
L’unica strada praticabile per contrastare il crescente senso di insicurezza e di insoddisfazione nel mondo è quella della pace e della solidarietà. La responsabilità che abbiamo verso noi stessi e nei confronti degli altri uomini connota la radice del nostro essere. La cultura del benessere e dell’apparire ci sta rendendo insensibili alle grida di sofferenza di milioni di donne e uomini, ci fa vivere all’interno di bolle di sapone, esteticamente belle, ma sicuramente futili.
In questo mondo della globalizzazione siamo vittime e autori della globalizzazione dell’indifferenza, tutto ciò che è altro da noi non ci riguarda. Il rancore e l’odio stanno prendendo il posto della
ragione e della comprensione, stanno disgregando le relazioni umane e la conoscenza emozionale. In molti casi l’uomo è “avidus veri” e rifugge dalla verità, rifiuta ostinatamente l’inganno ma è spesso mentitore nel non voler far luce soprattutto su se stesso. Non intende far luce su tutte le volte che gira lo sguardo quando incontra un povero, cercando di trovare di volta in volta la maschera migliore, quella più idonea a occultare quello che siamo dentro per fare apparire fuori ciò che non siamo. L’indifferenza sta riducendo le attività degli uomini e le relazioni tra di essi all’oggettività, dissolvendo le qualità soggettive e sottomettendole alla razionalità dell’intelletto. Le donne e gli uomini, privati della propria soggettività, si relazionano tra loro come semplici strumenti di un ingranaggio sottomesso a un’unica modalità di
funzionamento. Agire in termini esclusivamente razionali anziché in ordine ai valori etici, significa rinunciare alle esperienze emotive e affettive. Il processo di deumanizzazione tra trasformando l’uomo da essere umano ad essere privo delle caratteristiche dell’umanità.
La “minoranza soddisfatta” non ha alcuna volontà di vedere oltre i propri interessi e assumersi la responsabilità verso gli altri componenti del genere umano che si trovano in condizioni maggiormente svantaggiate. La “minoranza soddisfatta” è composta da una decina di ultramiliardari che dispongono della ricchezza equivalente a quella di cinque miliardi di persone.
A partire dalle piccole comunità, ciascun individuo sarà felice quando potrà affrontare le difficoltà, sia di natura materiale che esistenziale, in modo condiviso, facendo del problema un denominatore che accomuni le necessità di tutti. Quando le persone si sentono legate in modo significativo le une con le altre e percepiscono di appartenere a una stessa comunità sociale si rendono reciprocamente disponibili secondo la logica del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Sarebbe già un buon punto di partenza per evitare di accrescere un’umanità caratterizzata da troppe scorte e troppi scarti.