Chi sono i lavoratori dipendenti che evadono il fisco? Quelli costretti ad un secondo lavoro per mantenere la famiglia

4 mins read
sfrecola - agenzia entrate

Chi sono i lavoratori dipendenti che evadono il fisco? Quelli costretti ad un secondo lavoro per mantenere la famiglia – di Salvatore Sfrecola

L’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre CGIA, nata subito dopo la fine della guerra per aggregare le imprese che avevano bisogno di un certo tipo di servizi e di tutela sindacale, è una istituzione meritoria che, tra l’altro, ci aiuta a conoscere e ad interpretare i fenomeni di carattere economico e sociale attraverso ricerche e studi sempre puntuali.

Da ultimo la CGIA si è occupata dei contribuenti italiani con debiti fiscali non ancora riscossi dalle nostre Agenzie fiscali. Questi ammontano a circa 22,8 milioni, di cui 3,6 milioni sono rappresentati da persone giuridiche (società di capitali, enti commerciali, cooperative, ecc.) e i restanti 19,2 milioni da persone fisiche. Tra queste ultime, 16,3 milioni sono lavoratori dipendenti, pensionati e percettori di altre forme di reddito (da beni mobili, immobili, ecc.), mentre i rimanenti 2,9 milioni, corrispondenti al 12,7 per cento del totale, svolgono un’attività economica come artigiani, commercianti o liberi professionisti.

“In sintesi, i dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione confermano quanto sostenuto costantemente dalla CGIA: i lavoratori autonomi non sono un popolo di evasori, come spesso vengono descritti dall’opinione pubblica. È indubbio che in questa categoria vi sia anche chi non adempie ai propri obblighi fiscali; tuttavia, secondo le statistiche ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, solo un debitore col fisco su otto è una partita IVA”. Gli altri “evasori” vanno ricercati tra i lavoratori dipendenti.

Il dato ha scatenato i soliti difensori dei lavoratori autonomi sicché alcuni giornali hanno titolato che i grandi evasori sono i dipendenti senza comprendere la realtà del fenomeno. Si tratta di lavoratori dipendenti i quali, per assicurare condizioni di vita adeguate alle loro famiglie, si sobbarcano un secondo lavoro quasi sempre in nero. Negli uffici pubblici e privati alcuni collaborano con amici che gestiscono attività commerciali, qualcuno presta la propria opera in studi legali o commerciali, qualcuno svolge attività artigianali, come idraulico, falegname, pittore. Sono quelli dei quale si è sempre detto. Che, quando vengono a casa nostra per aggiustare il lavandino, cambiare la serratura alla porta, dipingere la stanza dei bambini, non rilasciano ricevuta.

Il fenomeno giustamente va condannato ma anche capito. Queste persone si sobbarcano un nuovo lavoro impegnativo per far quadrare i conti della famiglia. È la dimostrazione del disagio che soffrono vasti strati della popolazione che pure ha un lavoro ma che evidentemente è remunerato in misura inadeguata rispetto alle esigenze delle famiglie. Laddove ci sono giovani universitari spesso lontano dalla città di residenza, anziani da assistere qualcuno in famiglia ricerca un secondo lavoro, naturalmente in nero. Perché spesso è proibito, ad esempio per i pubblici dipendenti svolgere un secondo lavoro, o perché comunque solo se in nero la remunerazione è adeguata.

Invece di scatenarsi in titoloni ad effetto, i giornali che hanno commentato le rilevazione della Cgia di Mestre, avrebbero dovuto capire il fenomeno e sottolineare che evidentemente ci sono vasti strati della popolazione che soffrono per mancanza di adeguate risorse rispetto alle esigenze delle loro famiglie. Non ci voleva molto, neanche una particolare fantasia per capire che così stanno le cose.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Latest from Blog