È decisamente noto che Mario Draghi sia persona di poche parole ed estremamente riservata, questo suo dato caratteriale è emerso con evidenza dal metodo con cui ha portato avanti la redazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che i parlamentari hanno potuto leggere ed esaminare solo 24 ore prima del suo approdo in aula. Sembra che Bruxelles avesse già dato il disco verde per il detto piano, segno che lo avrebbe potuto leggere ancor prima che il parlamento ne potesse discutere.
Certo mi si dirà che con un Governo di c.d. “unità nazionale”, dove sono presenti quasi tutte le forze politiche, il passaggio parlamentare aveva carattere puramente formale, insomma la stessa funzione di un notaio che controlla la legittimità dell’atto ma non entra nel merito del suo contenuto, non valuta, ad esempio, la congruità del prezzo di una compravendita che rimane nella piena disponibilità delle parti. Ma le parti in questo caso sono tutti i cittadini ed è sacrosanto che proprio tutti i rappresentanti del popolo abbiano la possibilità di esprimere consapevolmente una posizione. In questo caso alle opposizioni, o meglio all’unica opposizione, non è stata data di fatto tale possibilità.
Dopo mesi che si discuteva del piano Conte, in sole 24 ore esso è stato spazzato via e sostituito dal nuovo piano Draghi che sostanziali modifiche ha apportato.
Per citare un grande giurista ed un grande uomo come Piero Calamandrei, “per far funzionare un Parlamento bisogna essere in due, una maggioranza ed una opposizione…il regime parlamentare, a volerlo definire con una formula, non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza”.
Erano altri tempi, oggi sembra proprio che i rappresentanti del popolo, peraltro eletti senza preferenze e con liste bloccate formate dai capi partito, abbiano più che altro la funzione di spettatori, che certo possono dire la loro, quando hanno il tempo di potersi informare e preparare, ma che troppo spesso sono chiamati semplicemente a ratificare scelte già fatte in altre sedi.
Mi auguro che questo oscuro momento storico, aggravato dalla pandemia che ha fatto toccare il fondo in tutti i sensi, passi velocemente, mi auguro che si vada a votare al più presto per far decidere ai cittadini da che parte stare e da chi vogliono essere governati, mi auguro che il Parlamento si avvii verso una stagione di sempre maggiore autorevolezza e centralità.
Nel frattempo prendo atto del metodo utilizzato, che non condivido, ma così è ed è accettato dalla stragrande maggioranza di entrambe le Camere, nel merito, poi, la prima cosa, da romano, che mi è balzata agli occhi è come nel piano ci si trovi di fronte ad una “Roma sparita”, che non sono belle foto in bianco e nero di un tempo andato, ma una vera e propria sparizione della maggior parte dei fondi destinati a far risorgere la Capitale, necessaria locomotiva per il Paese e nostro biglietto da visita di fronte al mondo, come tutte le altre grandi capitali europee. Di “Caput Mundi”, infatti, non è rimasto che il nome nel PNRR, di fronte ai precedentemente ipotizzati 10 miliardi, pare siano rimasti poco più di 500 milioni, assolutamente insufficienti per affrontare il tema delle infrastrutture (nulla per le nuove linee di metropolitana, che si sarebbero potute velocemente cantierizzare, mentre, sorprendentemente, sembra si abbia intenzione di finanziare il singolare progetto della famosa funivia) e dei rifiuti, ad esempio, nonché per rendere la città efficiente per affrontare il prossimo Giubileo 2025, quando avremo gli occhi di tutto il pianeta puntati addosso.
Di fronte a questo quadro non mi stupisce la posizione dell’opposizione, rappresentata da Fratelli d’Italia, che responsabilmente si è astenuta dal votare il piano, non ha potuto valutare a sufficienza, e che ha da subito lamentato il tema Roma. Su tale ultimo tema sarà interessante seguire la prossima campagna elettorale, oramai alle porte, per la elezione del nuovo Sindaco e come i partiti della maggioranza potranno giustificare tanta poca attenzione alla Capitale nel PNRR.