Si torna a parlare dell’uscita (avvenuta il 20 marzo scorso) della Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne (si occupa anche di prevenzione). Non solo per la gravità della decisione, ma anche perché martedì 11 maggio è stato il decimo anniversario della ratifica. In quest’occasione Amnesty International ha indetto una Giornata Mondiale d’azione, tenutasi in piazza e trasmessa in diretta streaming.
La segretaria generale di Amnesty, la francese Agnes Callamard, ha sottolineato il paradosso che “La Turchia è stato il primo Paese a firmare e ratificare il trattato che porta il nome della sua città più iconica e, se non modificherà la sua decisione, sarà il primo Paese a lasciarlo”.
La Callamard ha aggiunto che le donne “oggi parlano con una voce sola” contro tutto questo, che potrebbe mettere a rischio la vita di ragazze e donne turche e non solo.
Ne ha parlato anche la presidente della Commissione europea Ursula von Der Layen (che nel suo piccolo ha conosciuto personalmente il maschilismo di Erdogan, con la questione della sedia negatale). In un videomessaggio su Twitter ha chiesto una presa di posizione decisa da parte dell’Unione europea e dichiarato che la violenza di genere “non è una questione privata”: riguarda il mondo intero come la stessa Convenzione, purtroppo non ratificata da “più Stati dell’Ue, mentre altri stanno pensando a voce alta di uscirne”.
La von Der Leyen ha evidenziato un altro problema: per la Ue è stato bloccato l’accesso alla Convenzione stessa, perciò si pensa a norme alternative per garantire la sicurezza a ragazze e donne sul continente.
Anche le donne turche hanno partecipato alla protesta di Amnesty International e senz’altro parteciperanno alla campagna prevista il primo luglio, quando il governo di Ankara prenderà una decisione definitiva.
L’Italia è uno dei Paesi europei che hanno ratificato la Convenzione di Istanbul e con gli altri quindici (Spagna, Francia, Austria, Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Grecia, Cipro, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Irlanda ed Estonia) che l’hanno fatto, ha esortato in una dichiarazione congiunta la Turchia a ripensare all'”addio” e altri Paesi ad aderire. L’hanno firmata tutti i ministri delle Pari Opportunità, per noi la ministra Elena Bonetti, che si occupa anche del tema della famiglia. C’è qualche possibilità che questo attivismo funzioni o è una chimera?
Di Alessandra Boga