Isis, nuove minacce all’Italia: “Prepariamo un attacco a Roma”

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Roma – Torna l’ombra del terrorismo. Le minacce dopo il vertice anti Daesh di Roma guidato da Di Maio.

“Ci stiamo preparando da tempo”. L’Isis non è ancora battuto, o quantomeno non è ancora scomparso. Sui canali digitali che continuano a diffondere la propaganda jihadista è apparso giovedì un lungo testo di al-Naba, la rivista ufficiale dell’Isis. E, come spiega Repubblica, l’argomento  è il vertice della coalizione internazionale contro il Daesh tenuto a Roma negli ultimi giorni di giugno, sottolineando che è stato organizzato “da Italia e Stati Uniti”.

“Roma tra i berasgli più importanti dell’Isis”

Nel documento emergono delle minacce all’Italia. “Roma è stata ed è ancora nella lista dei bersagli più importanti per i guerrieri del jihad”, si legge nel documento, dopo che sono state passate in rassegna le dichiarazioni dei vari partecipanti all’evento e in particolare quelle del nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sull’escalation delle Bandiere Nere nel Sahel.

“Lo Stato islamico prenderà Roma”

Più volte nel documento c’è scritto che “lo Stato islamico prenderà Roma”. Secondo Repubblica, “l’obiettivo degli eredi di Al Baghdadi è quello di rinsaldare la fiducia dei loro sostenitori, mostrando come l’Occidente sia ancora spaventato dalla loro volontà distruttiva”. Secondo la rivista Isis, “le paure della Roma crociata sono giustificate, perché sono state e sono ancora nella lista dei bersagli più importanti per i mujaheddin. Perché questa è la promessa che Dio Onnipotente ha fatto ai suoi fedeli servitori che sono sicuri della sua realizzazione. L’aspettano con grande pazienza e hanno fatto preparativi sin dall’inizio della loro guerra santa in Iraq”. E ancora, su Roma: “La prenderemo, ne siamo sicuri. I giorni della battaglia stanno arrivando e saranno felici coloro che hanno proseguito la lotta”.

Gli analisti della nostra intelligence non ritengono che il comunicato contenga segnali preoccupanti per la sicurezza e il riferimento alle forze pronte a colpire non viene considerato come un appello alla mobilitazione immediata ma farebbe parte della campagna di persuasione per convincere i nuclei di resistenza annidati nei monti iracheni a non desistere dalla guerriglia, conclude Repubblica.

Affaritaliani

 

 

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