Giornate di Premi Nobel queste. Oggi, giovedì 7 ottobre, ha vinto quello per la Letteratura lo scrittore britannico di origine tanzaniana Abdulrazak Gurnah. Ancora una volta non si è trattato di uno dei favoriti, ma ha conquistato con la sua attualissima opera dedicata alle conseguenze del colonialismo (guerre, migrazioni non necessariamente in Europa) e alle vite rifugiati, con anche le difficoltà ad adattarsi a nuovi Paesi.
Nato quasi 73 anni fa, il 20 dicembre 1948, nella turisticamente celebre città di Zanzibar (che tra l’altro in campo musicale ha dato i natali alla star britannica Freddie Mercury), Gurnah è giunto in Inghilterra lui stesso come rifugiato per motivi di persecuzione etnica sotto il regime del primo presidente di Zanzibar Abeid Karume (1905 – 1972) nel 1968 (il futuro Premio Nobel potuto tornare in patria solo nel 1984 per salutare il padre poco prima della sua morte) e ha ricominciato subito a studiare.
Di lingua swahili, a 21 anni ha iniziato a scrivere in inglese, influenzato da autori come Shakespeare ed il britannico di origine trinidadiana Sir Vidiadhar Surajprasad Naipaul (1932 – 2018). Tuttavia è stato anche influenzato dalla più antica poesia araba e persiana, da “Le mille e una notte” e dal Corano.
Si è occupato di narrativa post coloniale soprattutto inerente all’Africa, ai Caraibi e all’India. Ha curato due libri di “Saggi sulla scrittura africana” e pubblicato articoli sugli scrittori di questa “corrente” come lo stesso Naipaul, Rushdie e la sudafricana Zoe Wicomb.
Ha scritto dieci romanzi quali, pubblicati in Italia da “Garzanti”, “Paradiso” (“Paradise”, 1994), nominato per i britannici “Booker Prize” e “Whitbread Prize”, “Sulla riva del mare” (“By the Sea”, 2001), nominato per il primo dei premi indicati ed arrivato in finale per il “Los Angeles Times Book Award”, ed “Il disertore” (“Desertion”, 2005).
Il primo romanzo è ambientato nell’Africa orientale coloniale (da cui Gurnah proviene) durante la Prima Guerra Mondiale, il secondo racconta di un anziano rifugiato residente in una cittadina inglese sul mare e il terzo di un uomo che vive vicino a Mombasa, Kenya, e nel 1899 salva un inglese, viaggiatore, scrittore e studioso dell’Oriente che ha attraversato il deserto e successivamente si innamora della sorella del suo salvatore.
All’attività di scrittore, Gurnah affianca l’attività accademica: dal 1980 al 1982 presso la Bayero University, nella città di Kano, nella Nigeria settentrionale e poi all’Università del Kent, a Canterbury, dove sempre nell’ 82 ha conseguito il dottorato di ricerca. Fino a poco tempo fa (precisa il sito “Rai News”) è stato docente di Letteratura Inglese e Post Coloniale e direttore degli studi universitari presso il Dipartimento di Inglese dello stesso ateneo.
L’Accademia di Stoccolma ha motivato il conferimento del Nobel a Gurnah con “la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel golfo tra culture e continenti”. Come sottolinea l’articolo di presentazione “Premio Nobel per la Letteratura 2021 a Abdulrazak Gurnah” di Cristina Taglietti sul “Corriere della Sera”, egli “ha anticipato quella letteratura della migrazione e della multiculturalità, oggi molto praticata dagli scrittori contemporanei più giovani”.
Purtroppo la consegna del premio (Il una medaglia d’oro e 10 milioni di corone svedesi (oltre 1,14 milioni di dollari), sarà condizionata dal COVID.
Non potrà essere dal vivo a Stoccolma a dicembre, ma la cerimonia e il discorso di vincitori avverranno online e in streaming. Gli stessi vincitori del 2020 e del 2021 saranno invitati nella capitale svedese appena possibile.
Parlando in un audio pubblicato sul sito della Fondazione che ha istituito e conferisce il premio, Gurnah ha detto di essersi chiesto chi avrebbe preso quello per la Letteratura e di aver pensato umilmente che fosse uno scherzo, che fosse successo a lui.
Ha esortato l’Europa ha considerare una ricchezza i rifugiati e a riflettere sul fatto che non arrivano “a mani vuote”. “Molte di queste persone che vengono, fuggono per necessità, e anche francamente perché hanno qualcosa da dare.
Ha ammesso che è significativo che il Nobel per la Letteratura sia andato a lui, con la sua storia e l’argomento delle sue opere. Questi temi dovranno essere ancora discussi.
“Queste sono cose che ci accompagnano ogni giorno. Le persone muoiono, le persone vengono ferite in tutto il mondo”, ha proseguito. “Dobbiamo affrontare questi problemi nel modo più gentile”. “Sono venuto in Inghilterra quando queste parole, come ‘richiedente asilo’ – si legge su Bbc online – non erano esattamente le stesse: sempre più persone stanno lottando e scappando dagli stati terroristici”. “Il mondo è molto più violento di quanto non fosse negli anni ’60, quindi ora c’è una maggiore pressione sui paesi che sono al sicuro, attirano inevitabilmente più persone”, ha concluso lo scrittore.
Alessandra Boga