«Uccidete Souad Sbai». Le minacce jihadiste arrivano dal carcere – Un’indagine nel carcere di Alessandria rivela l’attività radicale dell’imam Bouchta El Allam – lui stesso in carcere dal 2015 -, con le minacce di morte alla giornalista collaboratrice della Bussola, dalle cui colonne aveva già lanciato l’allarme sulle carceri per la penetrazione islamista. Souad Sbai ha appreso di essere nel mirino jihadista soltanto dai giornali. E resta un altro inquietante interrogativo: chi sono e dove sono gli islamici che hanno seguito Bouchta El Allam?
«Uccidete e sgozzate Souad Sbai»: è uno degli incitamenti proclamati dall’imam 42enne marocchino Bouchta El Allam, detto “Bush”, durante i sermoni del venerdì nel carcere di Alessandria dove è attualmente detenuto, dopo una condanna ottenuta nel 2015. Gli incitamenti di Bush riguardavano anche la volontà di far saltare in aria il Vaticano e di eliminare gli ebrei, nonché l’esaltazione di Osama bin Laden «difensore dell’islam»; nel mirino anche il magistrato alessandrino che lo aveva condannato la prima volta per reati legati alla droga. Ma ci soffermiamo soprattutto sul caso di Souad Sbai, che è una preziosa collaboratrice della Bussola Quotidiana e che da sempre è in prima linea nel denunciare la penetrazione del fondamentalismo islamico nella società italiana.
Le citazioni dell’imam sono emerse dopo che l’altro giorno il gip Stefano Sala, al termine di indagini iniziate nel luglio 2020, ha deciso una nuova misura di custodia cautelare a suo carico. Ma la cosa incredibile è che Souad Sbai abbia appreso la notizia dai giornali. Cioè nessun magistrato si è premurato almeno di avvertirla della minaccia jihadista nei suoi confronti: una negligenza davvero inspiegabile e ingiustificabile.
Souad Sbai, giornalista di origine marocchina, è in Italia dal 1981 e fin dagli anni ’90 è attiva oltre che nel giornalismo anche nell’associazionismo, sia a difesa delle donne marocchine e più in generale arabe che subiscono violenza sia nel contrasto alle varie forme di jihadismo. Come parlamentare, eletta nel PdL (2008-2013), ha presentato numerosi disegni di legge per evitare la crescita del fondamentalismo islamico, affrontando temi come le moschee clandestine, gli imam irregolari, l’educazione dei giovani islamici, il burqa, la penetrazione dei Fratelli Musulmani. È stata anche membro della Consulta per l’islam italiano al tempo dei ministri Pisanu e Amato.
Si è molto interessata anche al problema esplosivo della radicalizzazione nelle carceri italiane, assurte a veri e propri centri di reclutamento per i gruppi fondamentalisti, svolgendo nel 2017 e 2018 dei corsi alla polizia penitenziaria di Roma su radicalizzazione e deradicalizzazione. E proprio il caso di Bouchta El Allam dimostra quanto sia grave il problema della radicalizzazione in carcere (ne ha scritto recentemente sulla Bussola): lui stesso si è radicalizzato in prigione e poi, divenuto imam e responsabile delle preghiere del venerdì, ha a sua volta fatto proseliti lanciando invettive e minacce contro gli obiettivi classici del jihadismo.
A questo proposito è inquietante che gli inquirenti non diano alcuna notizia sui “discepoli” di Bouchta El Allam: chiunque abbia ascoltato i suoi sermoni potrebbe trasformarsi nell’esecutore delle sentenze dell’imam. Chi sono quelli che ascoltavano “Bush”? Dove sono? Sono ancora in carcere o sono in libertà? E in quest’ultima eventualità, sono sotto controllo? Domande a cui le autorità dovrebbero dare immediata e chiara risposta .
Sulla Bussola Souad Sbai ha recentemente rilanciato l’allarme prigioni e ha anche accusato di complicità i governi precedenti che, dal 2015, hanno permesso che a combattere la radicalizzazione nelle carceri entrassero rappresentanti dell’UCOII, l’associazione islamica che è l’emanazione italiana dei Fratelli Musulmani. Come mettere la volpe nel pollaio.
I ministri della Giustizia che si sono succeduti – Orlando e Bonafede – non hanno mai risposto alle richieste di chiarimento, ma il caso di Bouchta El Allam dimostra quanto Souad Sbai abbia ragione e di quanto sia urgente che l’attuale ministro della Giustizia Marta Cartabia intervenga per porre fine a questo scandalo. «La vicenda di questo personaggio [Bouchta El Allam] – ha dichiarato ieri la Sbai con un comunicato stampa – fa rabbrividire e deve riportare necessariamente l’attenzione sugli istituti penitenziari e su quello che accade tra la popolazione carceraria islamista e filo-jihadista. Perché di personaggi come “Bush”, all’interno delle nostre carceri ce ne sono tanti». «Non possiamo lasciare – ha proseguito – che imam con ideologia jihadista continuino a fare proselitismo in cella. La politica e le istituzioni devono farsi carico di questo problema una volta per tutte».
Dal canto suo la Sbai – che nel 2010 ha già subito un avvelenamento da parte di fondamentalisti, salvando la vita in extremis – ha dichiarato che «come in passato, anche questa volta non mi lascerò intimorire». «Temo invece i rischi per la sicurezza del nostro paese – ha proseguito – vista la presenza di questi personaggi». E visto, aggiungiamo noi, che si succedono i governi ma non cambia la politica scriteriata che premia i gruppi fondamentalisti.
Ed è sintomatico che davanti a queste minacce dai politici della maggioranza non arrivi alcuna solidarietà per Souad Sbai, solidarietà espressa invece da alcuni parlamentari del centrodestra. Inoltre due senatori di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso e Giovanbattista Fazzolari, chiedono al ministro dell’Interno Lamorgese che venga immediatamente assegnata alla Sbai una scorta.
Dal canto nostro la redazione de La Nuova Bussola Quotidiana esprime tutta la sua solidarietà a Souad per queste gravissime minacce.
[…] di Fratelli d’Italia, che nei miei confronti sarebbe stata disposta una misura tutoria dopo le gravissime minacce di morte che ho ricevuto dall’imam Bouchta El Allam. Spiace doverlo dire ma è un’informazione che non […]