Lea Garofalo: la sua storia è stata raccontata nella serata di ieri, martedì 23 novembre, su Rai 1. E’ andato in onda il film “Lea”, del 2015. La protagonista è stata interpretata dalla bravissima Vanessa Scalera, che abbiamo visto di recente nella seconda stagione della serie TV “Imma Tataranni – Sostituto Procuratore”.
Oggi sono dodici anni che Lea Garofalo, testimone di giustizia (non “collaboratrice di giustizia”, non “pentita”, perché non aveva nulla di cui pentirsi) di origine calabrese (era nata a Petilia Policastro in provincia di Crotone il 24 aprile 1974) è stata uccisa. Lei ne aveva solo 35.
Il mandante del delitto era il suo ex compagno, Carlo Cosco. Egli, appreso che Lea non era più sotto protezione, l’ha attirata in un infame tranello con la scusa di parlare del futuro della loro figlia Denise, allora minorenne. La ragazza ha trovato il coraggio di denunciare il padre; gli zii Vito e Giuseppe (accusato da Lea, di averle ucciso il fratello Floriano); l’ex fidanzato Carmine Venturino e Massimo Sabatino (già incaricato di rapire ed uccidere la donna) e non solo.
Il delitto, il femminicidio di Lea Garofalo (perché lei è stata assassinata anche in quanto donna, per non essersi piegata alle regole del padre di sua figlia e del clan della ‘ndrangheta con cui non voleva avere più niente a che fare) è avvenuto al Nord, a Milano. Lì era fuggita e sperava di rifarsi una vita.
Il suo cadavere è stato poi trasportato a Monza, in un terreno del quartiere di San Fruttoso. Non è stato sciolto nell’acido, come si era detto, ma è stato comunque distrutto e in modo altrettanto atroce: fatto bruciare per tre giorni.
Quattro dei sei imputati sono stati condannati all’ergastolo (tra loro Carlo e Vito Cosco, per i quali sono stati anche stabiliti due anni di isolamento diurno). Venticinque anni sono stati comminati invece a Carmine Venturino (che dopo la condanna in primo grado al carcere a vita e ad un anno di isolamento diurno come Giuseppe Cosco ed altri, ha reso dichiarazioni che hanno portato trovare i poveri resti di Lea e la sua collana). In seguito Giuseppe Cosco è stato assolto per non aver commesso il fatto. Al processo è stato anche disposto ovviamente il risarcimento per le parti civili: Denise, la nonna e la zia materna e il Comune di Milano.
Quest’ultimo ha aderito all’iniziativa di “Libera” di don Luigi Ciotti (che già ricorda Lea Garofalo il 21 marzo nella “Giornata della Memoria e dell’Impegno contro le Mafie”) di indire una fiaccolata. E’ partita stasera alle 19 dall’Arco della Pace ed è terminata nel giardino di viale Montello. Davanti c’è casa di Lea, in un quartiere riqualificato e attualmente intitolato a lei.
Alla manifestazione ha parlato l’Assessora ai Servizi Civici e Generali del Comune meneghino, Gaia Romani. Ha dichiarato che “Milano, la città che Lea scelse fuggendo dalla Calabria, ha il dovere di ricordare chi è stata vittima due volte: della mafia e della violenza contro le donne. A distanza di dodici anni, la sua eredità continua a essere un monito per le istituzioni e un esempio per tante donne che trovano la forza di ribellarsi e liberarsi dall’oppressione mafiosa. Dodici anni dopo il suo sorriso è più vivo che mai, in quello di sua figlia Denise, a cui va il nostro affetto, e soprattutto nel nostro impegno contro ogni forma di crimine organizzato e a difesa della legalità.”