ITALIA: Da’ della ‘cristiana’ a Souad Sbai. Al via il processo
E’ finito a processo per minacce aggravate il marocchino di 46 anni che quasi due anni fa, con alcune email, insulto’ Souad Sbai – allora presidente della Confederazione delle comunita’ marocchine in Italia e oggi candidata Pdl alla Camera- definendola “massihia”, cioe’ “cristiana”. Il processo che lo vede imputato e’ cominciato al Tribunale monocratico di Bologna, citta’ in cui il marocchino vive da quasi vent’anni facendo l’operaio. L’accusa di minacce continuate deriva dal fatto che, stando al ragionamento del pubblico ministero Paolo Giovagnoli – che lo ha portato in aula con una citazione a giudizio-, nella tradizione islamica accusare qualcuno di essere cristiano significa accusarlo di apostasia, colpa che autorizzerebbe l’esecuzione della condanna a morte. Il processo e’ stato subito rinviato al 6 novembre, ma Andrea Ronchi, avvocato di Hassan Akrane (questo il nome del marocchino), e’ certo che la vicenda giudiziaria si chiudera’ al meglio per il suo assistito, che tra l’altro si professa ateo. “Tu sei una donna molto cattiva, nella vita non hai ancora capito niente, mettiti a pregare Allah, e’ molto meglio, lascia il lavoro degli uomini agli uomini (…) sei uscita allo scoperto da sola come una ‘massihia’”. Cristiana, appunto. E’ questo il testo della mail “incriminata”, dalla quale e’ partita la querela di Sbai e dunque l’inchiesta. Ma l’avvocato Ronchi ci tiene a chiarire il contesto di quella missiva elettronica, inviata a Sbai nell’ambito di una mailing list in cui si discuteva di politica marocchina. Una sorta di corrispondenza allargata, dunque, che coinvolgeva circa una trentina di persone: tanti i destinatari, per conoscenza, della mail offensiva. Quell’insulto, sostiene Ronchi, “indubbiamente maleducato, nasceva da idee politiche contrapposte. Ma nulla di piu'”.
La vicenda della minaccia a Sbai, in Italia da 29 anni, cittadina italiana oltre che opinionista sulle pagine di Avvenire, non e’ nuova ai mezzi di informazione. Della mail “incriminata”, mandata dalla casella di posta elettronica di Akrane il 7 maggio 2006, infatti, parlo’ pochi giorni dopo (l’11 maggio) Magdi Allam in un editoriale sul “Corriere della sera” dal titolo “‘Traditori dell’islam’. Moderati in pericolo”.
Ricordando l’esistenza della “condanna di apostasia inflitta dai terroristi” nei paesi islamici, il vicedirettore del quotidiano ipotizzava un pericolo anche per chi sta in Italia, raccontando poi la vicenda di Sbai, che “si e’ sentita dare dell’apostata meritevole della condanna a morte tramite decapitazione”. Ed e’ appunto questa la stessa tesi con cui a Bologna il pm ha deciso di citare a giudizio Akrane accusandolo di minacce gravi.
Nel provvedimento con cui Giovagnoli ha citato a giudizio il marocchino, si legge che Akrane avrebbe minacciato Sbai “inviandole diverse lettere per posta elettronica nelle quali, essendo l’indagato e la persona offesa stranieri marocchini di fede islamica residenti in Italia, accusava la persona offesa di essere una musulmana apostata divenuta cristiana, circostanza che secondo la tradizione islamica autorizza ogni buon fedele di tale fede ad eseguire la condanna a morte nei confronti della stessa persona offesa”.
Ma l’insulto ad Akrane, spiega il suo difensore, e’ maturato nell’ambito di un “discorso relativo ai candidati al Parlamento marocchino, era come se si stesse parlando del piu’ o del meno in politica- dice l’avvocato Ronchi- la discussione e’ sfociata nell’insulto da parte di Akrane, che e’ dichiaratamente su posizioni di sinistra e dunque molto distante da Sbai”. E “di questo Akrane e’ dispiaciuto- prosegue Ronchi- puo’ essere stato maleducato, va bene, offensivo. Ma di certo non ha minacciato nessuno”. E oltretutto, quando sente parlare di apostasia, l’avvocato Ronchi continua a ripetere che “Akrane e’ ateo e a Bologna non ha mai frequentato la moschea”.
Tutt’al piu’, dice, “e’ sceso in piazza per partecipare a qualche manifestazione indetta dall’associazione dei migranti per chiedere la cittadinanza o altri diritti civili”.
Per Ronchi tutto si gioca sulla dimensione politica di quell’insulto. La distanza di vedute tra Akrane e Sbai era gia’ nota all’interno della mailing list. Qualche tempo prima, infatti, il marocchino l’aveva accusata di essere “opportunista” e di “cercare la visibilita’ dei media”. Ma, dice il legale, “tutto era relativo a opinioni politiche, non certo religiose”. E spiega che lo stesso giorno della mail “incriminata”, Akrane fu sommerso di insulti sempre all’interno della mailing list. Gli diedero del “topo di fogna”, dell'”integralista infedele” e del “comunista”. Qualcuno gli consiglio’ di “fare sedute di analisi” e c’e’ chi gli chiese pure, quasi in fare minaccioso, se non sapesse che “Sbai lavora al Ministero”. Akrane, che per queste offese non ha mai presentato querela, rispose con una mail dicendo: “Io personalmente non ho mai minacciato nessuno. Sono molto sereno e credo nella democrazia”.