Tunisino pesta a sangue la moglie fino a farla abortire, quasi 6 anni di carcere – Il 33enne condannato a quasi sei anni di carcere: ha massacrato di botte la moglie in più di un’occasione, una volta le ha anche provocato un aborto.
Era stato accusato di aver più volte massacrato di botte la giovanissima consorte, prendendola ripetutamente a calci e pugni e causandole in un’occasione persino un aborto. E proprio nelle scorse ore è stato condannato dal tribunale di Modena a cinque anni ed otto mesi di reclusione per maltrattamenti e lesioni. Protagonista dell’episodio di violenza domestica che arriva dall’Emilia Romagna è un uomo di 33 anni originario della Tunisia, finito a processo con le accuse di maltrattamenti in famiglia, lesioni e procurato aborto nei confronti della moglie. Stando a quanto riportato dalla stampa emiliana, i fatti risalirebbero ad oltre un anno fa e si sarebbero concretizzati perlopiù nell’appartamento di Vignola (una cittadina situata in provincia di Modena) nei quali i coniugi vivevano da tempo.
Solo che la donna, una ventiduenne connazionale dell’uomo, veniva a quanto sembra costantemente aggredita da quest’ultimo (spesso e volentieri con le scuse più futili). Percosse che si sarebbero prolungate nel tempo per mesi, senza che la vittima avesse oltretutto modo di reagire nè di sporgere denuncia. Anche davanti alle forze dell’ordine infatti, la ragazza ha ammesso in un secondo momento di non aver avuto la forza di denunciare prima quel che stava subendo a causa della situazione nella quale versava: non aveva un lavoro che le garantisse una certa indipendenza economica, non aveva nessun altro posto in cui trasferirsi a vivere ed era spaventata dall’eventuale reazione del coniuge. A far emergere la storia è stato quindi un accesso al pronto soccorsoeffettuato dalla giovane nel luglio dello scorso anno, a quanto sembra a seguito dell’ennesimo pestaggio che aveva subìto dal marito.
Presentava tutta una serie di contusioni compatibili con la casistica della violenza di genere, che non erano sfuggite al personale medico della struttura. A quel punto è scattata la denuncia d’ufficio, sulla base del protocollo previsto in casi del genere. E nei giorni successivi, supportata dai sanitari, l’aggredita ha raccontato ai carabinieri tutto quello che era stata costretta a subìre. Si è in particolare soffermata su un’aggressione che le avrebbe a suo dire provocato la perdita del bambino che aveva in grembo. Dichiarazioni che hanno dato il via alle indagini, culminate con l’arresto dello straniero e la sua successiva comparsa sul banco degli imputati. E il giudice ha riconosciuto la colpevolezzadell’imputato, per quasi tutti i capi d’accusa. Non è stato infatti possibile dimostrare le eventuali responsabilità del marito per quanto concerne l’aborto, in quanto la donna non si recò in ospedale dopo quella specifica aggressione.