Un’imponente scultura fatta dei rottami metallici “sopravvissuti” alle esplosioni del 4 agosto dello scorso anno nel porto di Beirut, è stata svelata ieri nella capitale libanese. Intitolata “The Gesture”, la gigantesca scultura commemorativa è opera dell’artista, architetto e residente a Beirut Nadim Karam, che ha dichiarato di voler onorare in questo modo le famiglie delle vittime delle esplosioni che hanno causato più di 200 morti, 6.000 feriti e oltre 300.000 sfollati. Oltre a commemorare chi ha perso la vita, Karam ha affermato di voler rappresentare “la volontà del popolo libanese di continuare ad andare avanti”.
L’imponente opera, che, vista da lontano, sembra sovrastare con la sua imponente presenza i silos distrutti, è stata finanziata da diverse aziende private. “È un gigante fatto di cenere, tracce delle esplosioni, cicatrici della città, che esistono ancora ovunque a Beirut”, ha detto Nadim Karam ad Arab News. “Il lavoro rappresenta le cicatrici delle persone che ancora non sono guarite. Questa figura rappresenta ognuno di noi, un promemoria che siamo l’energia vivente di Beirut”.
Un anno dopo che l’esplosione al porto di Beirut ha distrutto la vita di migliaia di libanesi e fatto a pezzi vaste zone della città, che ancora oggi è in un processo di ricostruzione, nessun alto funzionario è stato ritenuto responsabile. Gli sforzi per indagare sulla causa principale delle esplosioni sono in stallo e i libanesi, con il loro Paese in continua caduta libera a causa di un sistema bancario al collasso e di un governo stagnante, continuano a vivere in uno stato di shock, tanto che molti di loro stanno fuggendo dal paese per rifarsi una vita migliore altrove.
Mentre Karam spera che i libanesi sosterranno la massiccia scultura, alcuni hanno sollevato dubbi sul fatto che le opere d’arte debbano essere collocate al porto di Beirut quando giustizia non è stata ancora fatta. Come dice Karam, “The Gesture rappresenta anche la volontà dei libanesi di conoscere la verità su quanto accaduto. Solo quando conosceremo la verità avremo giustizia”.
Di Laila Maher