Premio Paganini – Iniziare a suonare il violino, per lui, è stato quasi naturale. D’altra parte, nella sua famiglia, sia i genitori che le sorelle sono musicisti professionisti. Il suo primo strumento, piccolo, quasi un giocattolo, lo ha avuto a tre anni. Da quello alla vittoria del Premio Paganini, ci sono stati concorsi internazionali tra i più prestigiosi al mondo e, soprattutto, diciassette anni di studio, di fatica, di passione. Giuseppe Gibboni, ventenne originario di Campagna, nel Salernitano, conquistando la 56ma edizione del concorso che porta il nome dello straordinario musicista italiano, dopo ventiquattro anni dall’ultima volta, riporta tra le mani di un italiano l’ambito riconoscimento.
Gibboni si è formato al conservatorio Martucci di Salerno sotto la guida del maestro Maurizio Aiello, scomparso poco tempo fa; poi, l’esperienza all’accademia Stauffer di Cremona con Salvatore Accardo, che vinse il Paganini nel 1958. Oggi studia al Mozarteum di Salisburgo. L’amore per il suo strumento è sbocciato appunto quando aveva tre anni. “Ero piccolissimo, è iniziato tutto veramente per caso -racconta- mio padre pensò di far suonare il violino alle mie sorelline, mentre a me riservò il violoncello, forse per fare qualcosa di più equilibrato”. Ma lui, le idee, le aveva già chiare. “A mio padre dicevo sì, suono il violoncello, però da grande sarò violinista – ricorda sorridendo- mi piaceva di più, probabilmente anche perché lo vedevo in mano alle mie sorelle. Così, anche io iniziai a suonare il violino”. Il ragazzo con il papà violinista, Daniele, la mamma pianista, Gerardina, e le sorelle violiniste, Annastella e Donatella, non di rado si ritrova ancora a suonare, “ma più per divertimento che per altro”. Il Paganini, per Gibboni, è “il concorso per eccellenza per i violinisti. Vincerlo, è un po’ come per un atleta vincere le Olimpiadi”. Ma sono necessari impegno, dedizione, studio, sacrifici perché al concorso bisogna arrivarci “con una grande preparazione, con uno studio intenso. Una grande preparazione soprattutto mentale. Affrontare concorsi cosi’ importanti non è facile, è richiesto un repertorio vastissimo e si parte molto, molto prima”. Il concorso, infatti, “è uno dei pochi, se non l’unico, che richiede due concerti interi, cioè tutto il concerto di Niccolò Paganini. Io ho portato, come concerto romantico, il Concerto di Cajkovskij, davvero impegnativo”.
La fase finale è stata “dura” perché “si arriva dopo dieci giorni impegnativi e pieni di stress e si è piuttosto stanchi”. Ma ce l’ha fatta. “Una grandissima emozione. A stento riuscivo a trattenere le lacrime perché è un po’ il mio sogno fin da bambino”, sottolinea. Nella storia del concorso, solo tre italiani ce l’hanno fatta e uno di questi é stato Salvatore Accardo”. Adesso, Giuseppe Gibboni confessa di non vedere l’ora “di tornare a Campagna e a Salerno. E’ un po’ che non sono giù. Lì ci sto benissimo. E’ casa mia”. E, dalla Campania, arrivano i complimenti del sindaco di Salerno, Enzo Napoli, che fa sapere che “lo attendiamo al Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno per applaudirne una strepitosa esibizione” e del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che, in un post social, scrive: “L’artista campano è da tutti indicato come destinato a una carriera straordinaria in ragione delle sue doti naturali ma anche del rigore nello studio del violino”. Intanto, a Genova, città in cui si tiene il premio, Gibboni si è fatto apprezzare anche per aver sventato uno scippo nel centro cittadino. Una curiosità raccontata, su Facebook, dal governatore della Liguria, Giovanni Toti: “Il giovane violinista, seduto al tavolino di un caffé, ha visto un uomo prendere la borsa di una signora e non ci ha pensato due volte. Gli è corso dietro e l’ha recuperata. Solo alcune ore dopo la proprietaria della borsa ha scoperto chi fosse il suo salvatore, vedendolo trionfare col suo violino sul palco del Carlo Felice. Uno straordinario artista, un ragazzo generoso di cui la Liguria è doppiamente orgogliosa”.