Giappone – L’indice dei prezzi al consumo in Giappone è salito del 2,5% ad aprile rispetto a un anno prima, ma escludendo l’impatto di cibo ed energia, i prezzi sono aumentati solo dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
L’inflazione in tutti i Paesi del G7 è salita ai massimi livelli mai toccati da diversi decenni, trainata dal conflitto in corso in Ucraina e dal costo delle materie prime.
Ma mentre negli Stati Uniti o nel Regno Unito questo significa livelli allarmanti, tra l’8 e il 9%, in Giappone un’inflazione elevata significa solo il 2,5%. Lo rileva un’analisi del Financial Times.
Non solo, mentre la Federal Reserve statunitense e la Bank of England si stanno affrettando ad aumentare i tassi di interesse, con la Bce che potrebbe seguirli a breve, la Bank of Japan afferma che manterrà la politica in sospeso, acquistando tutte le obbligazioni di cui ha bisogno per mantenere i rendimenti a 10 anni fissati allo zero per cento.
Una differenza che illustra la tendenza nella psicologia inflazionistica del Giappone, dopo tre decenni di stagnazione dei prezzi.
Anche se il Giappone è fortemente esposto ad alcuni degli stessi shock di altri paesi, in particolare l’aumento del costo delle materie prime importate, non c’è stato quasi alcun passaggio dall’aumento dei prezzi a quello dei salari.
Al contrario, la mentalità deflazionistica significa che la pressione tende ad andare in altre direzioni. In Giappone, insomma, l’aumento dei prezzi all’importazione può portare anche alla deflazione.
Negli Stati Uniti e in Europa, solitamente, rileva il Financial Times, le aziende rispondono all’aumento dei prezzi delle materie prime trasferendo i costi sui consumatori.
In Giappone, invece, le imprese temono un contraccolpo negativo sul pubblico se aumentassero i prezzi. Mentre i lavoratori, colpiti da decenni di retribuzione stagnante, non chiedono salari più alti che permetterebbero loro di permettersi prezzi più alti nei negozi.
Se le aziende nipponiche devono pagare di più per le importazioni ma non possono aumentare i loro prezzi al dettaglio, rischiano di subire una compressione dei profitti. E allora spesso reagiscono cercando di ridurre i costi salariali, creando una pressione deflazionistica e non inflazionistica.
Secondo i dati del governo l’indice dei prezzi al consumo in Giappone è salito del 2,5% ad aprile rispetto . Ma escludendo l’impatto di cibo ed energia, i prezzi sono aumentati solo dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
L’economia del Giappone deve ancora tornare ai livelli pre-pandemia di Covid, anche se il Paese non ha mai imposto le severe misure restrittive attuate in altre parti del mondo.
Sebbene ci fossero meno restrizioni all’attività economica, le persone hanno continuato a prendere misure precauzionali.
Le grandi aziende nipponiche hanno trasferito gran parte della loro catena di approvvigionamento in Cina.
La domanda di beni capitali che esporta il Giappone è stata dunque pesantemente colpita dalla debolezza dell’economia cinese.