Da certi osservatori di sicurezza internazionale, la vista deve essere tutt’altro che buona. Davvero, in Libia, Erdogan sta operando “in favore dell’Italia”, “la Turchia sta facendo il lavoro militare che l’Italia non può fare”, e una vittoria sul generale Haftar del governo di Al Sarraj insediato a Tripoli sarebbe “un successo letteralmente regalato dalla Turchia all’Italia”? Non è fanta-geopolitica, ma una narrativa volta a convincere i malcapitati lettori (di uno storico quotidiano della Capitale) che i più recenti sviluppi della crisi libica vadano a soddisfare pienamente gli interessi nazionali italiani e per grazia ricevuta da Erdogan.
I toni estremamente assertivi, usati da Alessandro Orsini, su Il Messaggero, servono a rendere convincenti contenuti altrimenti rozzi e senza alcuna credibilità, mentre la retorica presuntuosa e arrogante a porre sempre i malcapitati lettori in una posizione d’inferiorità, come a dire: Io sono il massimo Esperto e “la politica internazionale è complessa”, quindi se non credete al mio “pensiero limpido sulla situazione in corso… il danno sarà pagato dalle generazioni future”! Eh già, perché, inconsapevoli e stolti, “gli italiani confondono gli amici con i nemici”, ritenendo che sia tutto fuorché nell’interesse nazionale del proprio Paese essere “amici” di un presidente-dittatore liberticida come Erdogan.
Si tratta di “discorsi moralistici” e “distorsioni mediatiche“? Che abbia il coraggio di ripeterlo al cospetto della maggioranza della popolazione di Istanbul, Ankara e Smirne, che ha messo Erdogan al tappeto con l’arma del voto democratico e non vede l’ora di ripetere l’esperienza, una volta per sempre. Provi a dirlo anche ai curdi e ai congiunti delle decine di migliaia di prigionieri politici, specie alle mogli e ai figli di quanti sono morti in carcere per suicidio, a seguito di uno sciopero della fame o in circostanze che non verranno mai chiarite. Chi è qui che gioca ad “allontanare i cittadini dalla verità sostanziale dei fatti”?
“La Turchia è un Paese laico”, ma di quale Turchia si sta parlando? Non certo di quella di Erdogan. È noto infatti a tutti gli studenti di Sociologia del terrorismo quanto Erdogan abbia in odio la laicità della Repubblica di Ataturk. Meglio il fondamentalismo dei Fratelli Musulmani come veste ideologica per la restaurazione del suo Califfato neo-ottomano, ambizione massima da realizzare con ogni mezzo possibile, anche e principalmente attraverso il jihadismo. Perché allora prestare la propria firma a un articolo che sembra piuttosto il parto di un qualche scriba del partito islamista di Erdogan?
Solo all’osservatorio dell’autore è impedita la vista delle migliaia di jihadisti addestrati, armati e schierati da Erdogan in Libia (dopo la Siria) al fianco delle milizie dei Fratelli Musulmani che supportano Al Sarraj. Mentre sembra intravedersi l’ombra perniciosa e onnipresente del Qatar nell’attacco forzato all’Arabia Saudita, come se questa non avesse avviato un processo di allontanamento dall’’integralismo religioso” nel quale invece Erdogan intende far sprofondare del tutto Medio Oriente e Nord Africa.
Poi, arriva il comandamento finale: “La Turchia deve essere vista con favore dall’Italia”. Se così deve essere, il governo italiano dovrebbe allora sostenere apertamente la maggioranza laica del popolo turco, affinché riesca a riconquistare il proprio Paese dalle grinfie del regime fondamentalista di Erdogan. Un Paese bellissimo, ricco di storia e di cultura, con una nuova generazione vibrante e talentuosa, che non merita il giogo dell’oppressione, della violenza e delle guerre a cui Erdogan l’ha condannata.
Questa è la Turchia che è vista con favore dagli italiani, con davvero pochissime eccezioni. Questa è la Turchia con cui l’Italia, in nome dell’interesse nazionale, deve essere alleata e partner per la sicurezza, la stabilità e la prosperità del Mediterraneo. “Libero di pensare quel vuole”, ma è piuttosto “declinante” indurre gli italiani con artifizi e menzogne ad abbracciare l’idea che per rimediare una qualche “quota di potere” nella regione debbano sottomettersi dolcemente al ricatto del fondamentalismo e del jihadismo di Erdogan, che sta facendo di Tripoli e della Tripolitania una sua roccaforte. Dovremmo esultare per la base militare che Ankara costruirà presso l’aeroporto di Witiya appena “riconquistato”? Anche nel nome della realpolitik più cinica e disperata, questo non equivale al perseguimento dell’interesse nazionale, ma alla perdita della libertà. Il caso Silvia Romano insegna quanto la Turchia di Erdogan sia pericolosa soprattutto quando finga di esserti amica.
Di Souad Sbai per La Nuova Bussola Quotidiana