De-radicalizzare i radicalizzati con gli stessi radicalizzatori: è questa la logica alla base della collaborazione tra il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia e l’UCOII (Unione delle comunità islamiche d’Italia) in merito all’assistenza spirituale da fornire a detenuti di religione musulmana, molti dei quali sono a rischio radicalizzazione, se radicalizzati (e quindi condannati per attività legate al terrorismo) non lo sono già. Una collaborazione che si rinnova e amplia addirittura i propri orizzonti, segno che il committente, vale a dire il Ministero della Giustizia, deve essere particolarmente soddisfatto dell’operato in carcere degli imam facenti capo all’UCOII, organizzazione istituita qualche decennio fa da esponenti del gruppo fondamentalista transnazionale dei Fratelli Musulmani basati in territorio italiano.
All’ideologia, allo spirito e agli obiettivi dei padri fondatori, l’UCOII è rimasta fedele fino ad oggi, attraversando in maniera del tutto impunita gravi scandali tra cui i cosiddetti Qatar Papers (decine di milioni di euro presi dal Qatar per promuovere dalla Lombardia alla Sicilia la visione fondamentalista dell’islam tipica dei Fratelli Musulmani, il tutto comprovato da documentazione inoppugnabile) e in ultimo, solo qualche settimana fa, le farneticazioni online del proprio segretario generale su cristianesimo e giudaismo “eresie da correggere”. Davvero i partner ideali per combattere la radicalizzazione nelle carceri, non è vero Signor Ministro Alfonso Bonafede? Evidentemente, l’esponente del Movimento Cinquestelle pensa di sì, non distinguendosi affatto dal suo predecessore in quota PD, Andrea Orlando, che aveva dato avvio alla collaborazione istituzionale con l’UCOII, conformemente alla tradizionale linea politica di una certa sinistra di derivazione marxista-comunista, consistente nel supportare le componenti estremiste in seno alla comunità musulmana in Italia.
Il Ministro Bonafede era già stato avvertito che in tutta evidenza non era certo una buona idea affidarsi al braccio italiano dei Fratelli Musulmani per la de-radicalizzazione e la prevenzione della radicalizzazione in carcere. Ma, in fondo, da chi ha fatto uscire decine di condannati per reati di stampo mafioso era possibile aspettarsi anche il benestare all’inserimento nelle delicate dinamiche della vita nei centri di detenzione di soggetti che il mondo arabo continua a combattere perché fautori di un estremismo che ha ispirato Al Qaeda e non è certo estraneo alle farneticazioni ideologiche e dottrinarie dell’ISIS.
Nell’Italia rosso-gialla, i Fratelli Musulmani vengono invece premiati (ogni riferimento non è assolutamente casuale) con alti riconoscimenti al merito della Repubblica, incarichi politici e appunto con l’onere di presiedere con i propri “ministri di Dio” alla cura di anime precedentemente traviate dal suo stesso fondamentalismo. Alla discontinuità, il Ministro Bonafede ha però preferito la recidività ed allora dubbi e domande sorgono spontaneamente sulle relazioni che il Ministero della Giustizia continua a intrattenere con l’UCOII, malgrado la consapevolezza della vera natura dell’organizzazione sia ormai comunemente diffusa tra gli addetti ai lavori e nell’opinione pubblica. Abile nel fingere di non sapere e di non capire, il Ministro Bonafede è già riuscito a sgusciare via senza fornire in sostanza risposta alcuna alle domande incalzanti poste durante un’interrogazione alla Camera dei Deputati, nella quale gli si chiedeva conto delle ragioni del rinnovo della collaborazione tra lo Stato e il braccio italiano dei Fratelli Musulmani (perché di questo si tratta).
Di fronte a un simile atteggiamento, invitare il governo a una “maggiore attenzione“ si è già visto che non basta. La questione imporrebbe di alzare le barricate perché la sinistra, al governo ormai da troppo tempo, sta condividendo le chiavi di un dossier cruciale come quello della radicalizzazione con gli esponenti odierni del gruppo che è ha concepito il radicalismo islamista contemporaneo a livello mondiale. Quando le chiavi gliele consegneranno del tutto? In aula, se davvero convinto della bontà dell’operato del ministero di cui è al comando (e del DAP), il Ministro Bonafede avrebbe dovuto sentirsi al sicuro anche nel rispondere a quesiti scomodi, guardando nel viso il proprio interlocutore e senza rifugiarsi nella lettura a occhi bassi di un testo notarile che elude sistematicamente le criticità che gli vengono contestate.
Queste criticità gliele ricordiamo qui di seguito, aggiungendone di altre. Dal momento che la collaborazione con gli imam dell’UCOII nelle carceri è iniziata nel 2015, quali sono stati i risultati conseguiti? Qual è la valutazione del DAP? Il rinnovo dell’accordo, che prevede anche il coordinamento da parte dell’UCOII di un corso di formazione per imam da poco avviato presso l’Università di Padova, si è basate su considerazioni di merito o di tipo “politico”? Quali sono, in ogni caso, queste considerazioni? Qual è la precisa opinione del Ministro Bonafede circa la natura dell’UCOII come espressione dei Fratelli Musulmani in Italia? Qual è valutazione del Ministro Bonafede sugli obiettivi dell’UCOII, sulla base delle seguenti dichiarazioni pronunciate dall’attuale leader mondiale dei Fratelli Musulmani, Sheikh Youssef Al Qaradawi, protetto non a caso dal Qatar? “La conquista di Roma, la conquista dell’Italia e dell’Europa, significa che l’Islam tornerà in Europa ancora una volta. […] La conquista si farà con la guerra? No, non è necessario. C’è una conquista pacifica [e] prevedo che l’Islam tornerà in Europa senza ricorrere alla spada. [La conquista] si farà attraverso la predicazione e le idee”. Il rinnovo dell’accordo è per caso uno dei prezzi da pagare per le “relazioni pericolose” che l’Italia ha instaurato con gli emiri di Doha?
Sa, il Ministro Bonafede, che per l’assistenza spirituale e le attività di culto il Regno del Marocco invia in Italia dei propri imam certificati, non fidandosi degli imam di origine marocchina basati in territorio italiano che portano il timbro dell’UCOII? Perché il Ministero dell’Interno dovrebbe allora autorizzare, come evidentemente ha già fatto, l’impiego di imam dell’UCOII nelle carceri? Quella dell’UCOII ai detenuti radicalizzati non è altro che un’infusione di pazienza, effettuata attraverso il pretesto di contrastare “il fenomeno della vittimizzazione”, dovuto alla percezione, reale o meno, di essere discriminati perché musulmani, sostituendo “il risentimento per la propria condizione” con un momento di riflessione morale e di speranza attraverso il perdono”, come spiega la stessa UCOII sul proprio sito Web (accesso effettuato il 24 settembre 2020). In sostanza, perdonare l’infedele, ovvero lo Stato e la società italiana che ancorano non abbracciano la fede musulmana, per far sì che la rabbia (legittima) del detenuto non sfoci nel terrorismo.
Tale approccio è consapevolmente accettato dal DAP? L’attività degli imam e dei mediatori interculturali dell’UCOII si svolge in lingua araba: che provvedimenti sono stati presi per rispondere alle critiche mosse dall’Istituto Studi Penitenziari, che ha lamentato “l’impossibilità per gli operatori di comprendere che cosa effettivamente essi [i detenuti musulmani e gli inviati dell’UCOII] si dicano durante i momenti di preghiera collettiva”, quando vengono recitati i sermoni o si tengono colloqui? Il ministro Bonafede ha annunciato che accordi simili a quello firmato con l’UCOII verranno presto firmati con altre organizzazioni islamiche, non appartenenti ‒ fortunatamente ‒ ai Fratelli Musulmani e alla corrente del cosiddetto islam “politico”. Perché non concentrarsi esclusivamente sul consolidamento delle relazioni con queste organizzazioni, invece di continuare a dare spazio all’UCOII peraltro elevandolo nella posizione di partner privilegiato?
In Italia, ci sono tanti imam moderati e la comunità musulmana è per la maggioranza favorevole a una piena integrazione nel tessuto sociale e culturale del paese: perché puntare sul fondamentalismo che non riconosce la legittimità delle altre religioni ed alza barriere per impedire l’integrazione, soprattutto delle nuove generazioni? Oppure, il Ministro Bonafede concorda con l’affermazione per la quale cristianesimo e giudaismo sono “eresie da correggere”?
Insomma, anche il Ministro Bonafede è caduto nella trappola di una certa sinistra e del suo debole per il fondamentalismo islamista. Ma almeno è in buona fede? Signor Ministro, trovi il coraggio di rispondere, offrendo chiarimenti che sono dovuti.
Di Souad Sbai per La Nuova Bussola Quotidiana