Se la giustizia non è nell’ordine…

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Se la giustizia non è nell’ordine…l’analisi di Adriano Segatori

Non credo di essere superficiale nei miei giudizi, né pressapochista nelle valutazioni, ma in certi casi occorre usufruire delle “soluzioni alessandrine”, tagliare i nodi di Gordio dei cacadubbi e masticabrodo per affrontare in maniera pragmatica e spregiudicata certi avvenimenti della cronaca e della storia.

Clinton, avrebbe fatto meglio e meno danni stare alla scrivania dilettandosi con l’accucciata Lewinsky piuttosto che ordinare l’attacco alla Serbia, così come “lascia un po’ perplessi che un premio Nobel per la pace (Obama) vada ordinando omicidi in giro per il mondo (target killing)” come sottolinea Aldo Giannuli.

La presidenza Kennedy – quella della fallita invasione di Cuba – incentivò economicamente e militarmente la guerra in Vietnam, ma era un democratico, mentre il conservatore Nixon, che si disimpegnò dallo sforzo bellico, veniva bollato sui muri delle città con la x trasformata in croce uncinata. Insomma, ragionare, studiare e approfondire mai, per certa sinistra religiosa e dogmatica.

Eppure, i democratici della finanzia e delle equivoche lobbies sono concordi nel santificare ciecamente taluni loschi personaggi, senza preoccuparsi di rispondere alla verità, ma limitandosi a difendere una fede quanto meno discutibile.

Ora è in corso la diatriba sull’invasione del Campidoglio da parte dei sostenitori di Trump. Chi sono? Per alcuni, dei provocatori sostenuti da Biden per mettere in cattiva luce il suo antagonista, almeno da certi documentati ceffi antifa. Per altri, nazifascisti che tentano un colpo di stato antidemocratico.

Insomma, sempre la doppia morale dei benpensanti, che lo stesso Giannuli condensa in un pensiero eloquente: “Il partigiano è il terrorista che sta simpatico e il terrorista è il partigiano che sta antipatico”.

Così se Twitter o Facebook o Instagram sono epurati, dipende sempre da chi subisce la censura: se sono sinistri è un attacco alla libertà di espressione, se destri una difesa contro l’istigazione all’odio.

Per quanto riguarda gli avvenimenti americani, al punto di vista politico potrei semplicemente dire che è un problema a stelle e strisce. I bombaroli della democrazia se la vedano tra loro tra brogli, falsificazioni e cadute di stile. Il discorso cambia se si affronta la questione sotto l’aspetto geopolitico, ma questa la lascio agli esperti, anche a quelli di sinistra come Rampini che non hanno buttato il cervello all’ammasso.

Quello che mi piace, invece, dal punto di vista sociopolitico, è la mobilitazione popolare. La cosa mi entusiasma in sé, e questo indipendentemente da chi la attiva.

Quando la gente scende in piazza per reclamare giustizia è sempre buona cosa. E in mezzo a questo giudizio c’è l’aspetto divertente della sinistra italiana e delle sue circensi opposizioni. “Rispettare il volere del popolo”, “Rispetto per le istituzioni”, “Attenersi al responso delle urne”: da chi è appiccicato alla poltrona, ha perso le elezioni o neppure vi ha partecipato, pontifica con decreti che la giurisprudenza ha sanzionato come illeciti certe uscite hanno dell’esilarante.

Mi piace la piazza, il casino, l’odore di rivolta, lo spirito dell’assalto, il gesto futurista, la dimensione trasgressiva. Chi invece preferisce il coprifuoco, la calma, la puzza della rassegnazione, il fantasma della diserzione, l’immobilità dell’indifferenza, l’aspetto remissivo, buon pro gli faccia: a chi il limbo della resa, agli altri l’inferno dell’arrembaggio.

E comunque, come si diceva ai ben tempi andati: “se la giustizia non è nell’ordine, è nella rivoluzione”.

Di Adriano Segatori

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