Immigrazione: Consiglio UE deludente

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centrodestra draghi - calenda

Dal recente Consiglio UE è emersa un‘ Europa ancora legata ai troppi interessi delle nazioni più potenti e che lascia i Paesi di frontiera mediterranei, in primis l’Italia, da soli ad affrontare l’ondata migratoria estiva, che rischia di rappresentare una vera emergenza soprattutto in questi tempi di timida uscita dalla pandemia di Covid 19.

Il recente Consiglio UE ha dedicato non più di dieci minuti alla discussione sul tema approvando un’intesa sulla gestione esterna delle migrazioni, soprattutto sul fronte turco, che tanto interessa alla Germania, con al vaglio un nuovo pacchetto di aiuti da 3,5 miliardi per i migranti ospitati dalla Turchia, senza nulla di concreto decidere, se non manifestare una generica, quanto inutile, attenzione, sullo scottante fronte mediterraneo sul quale sarebbero state necessarie urgenti decisioni per bloccare l’annunciata invasione estiva e per attuare una politica comune di ricollocamenti. Lo stesso presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha sottolineato con tono critico “Serve una politica comune di immigrazione e asilo al nostro interno”.

Sul tema dell’immigrazione ha costruito la propria fortuna politica Salvini e ne ha dette talmente tante che ora, cosciente che, forse, il suo elettorato non ci presta più grande attenzione (come si dice “ il troppo stroppia”), limita interventi sulla questione. Giorgia Meloni, che da sempre richiede il blocco navale, ne ha parlato nei recenti incontri avuti a Bruxelles in occasione della riunione del gruppo ECR, partito di cui è presidente, sottolineando “La nostra priorità è proteggere le frontiere esterne dell’Unione e rimpatriare gli irregolari. Non ha senso da parte del governo italiano continuare a proporre la redistribuzione automatica degli immigrati additando poi gli stati che vi si oppongono. La solidarietà che l’Italia deve chiedere è quella necessaria a fermare le partenze e difendere i confini.”

Le sinistre, come noto, sul fronte opposto sono per lo ius soli e per un’accoglienza così ampia da rischiare di essere sinceramente poco controllabile.

Ciò che bisogna evitare, comunque, sono gli approcci troppo ideologici ed affrontare con soluzioni razionali il problema dell’immigrazione tenendo conto dei numeri, i quali non sono né di destra né di sinistra, ma oggettivi.

Estremamente interessante è la lettura del libro di Stephen Smith “Fuga in Europa. La giovane Africa verso il vecchio continente”. Che focalizza il problema dalla prospettiva demografica, fondamentale per affrontarlo efficacemente. Da oggi al 2100 tre persone su quattro nel mondo saranno nate in Africa ed il nostro continente, nei prossimi trent’anni, potrebbe avere 200 milioni di afro-europei. La popolazione mondiale, che ha raggiunto la sua crescita massima negli anni ottanta, è in fase di declino, con un trend decisamente tragico di calo delle nascite soprattutto in Europa, mentre l’Africa non fa che crescere continuamente, 150 milioni nel 1930, 600 milioni nel 1989, un miliardo nel 2010 e si stima che nel 2050 raddoppierà rappresentando il 25% della popolazione mondiale, percentuale che, se si mantenesse il medesimo trend, potrebbe raggiungere il 40% del 2100.

Guardando, poi, al numero dei migranti a livello globale si è passati dai 92 milioni nel 1960 ai 244 milioni nel 2015, con un aumento esponenziale dell’immigrazione da Sud a Nord, 20 milioni nel 1960, 140 milioni nel 2015. Chi emigra, poi, non sono i più poveri, che non ne avrebbero nemmeno la possibilità, ma la classe media, destinata, se non si gestirà intelligentemente il fenomeno, ad una vera e propria sostituzione etnica nel vecchio continente.

Trovare delle soluzioni non è semplice, ma esse saranno di certo errate ed inefficaci se dettate da preconcetti ideologi e non basate su dati oggettivi con obiettivi concreti e raggiungibili. Non vi è dubbio che da un lato si debba assicurare la giusta solidarietà a chi è effettivamente un rifugiato mentre dall’altro non si debba aprire indistintamente a flussi non sostenibili per il nostro tessuto sociale e la nostra economia.

Di certo un controllo rigido delle frontiere, blocco navale e politiche di collaborazione stretta con i Paesi di partenza e di confine, sono i primi provvedimenti emergenziali da prendere. Dopo di che sarà necessario un piano strutturato di interventi economici e sociali sempre nei Paesi di origine che possano coniugare gli interessi dei due continenti. Di questo, forse, si dovrebbe occupare l’Europa piuttosto che della “lunghezza delle vongole”.

Di Antonfrancesco Venturini

 

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