Il tema dell’ambiente sta finalmente diventando centrale nella politica mondiale, qualcuno potrebbe dire che non è mai troppo tardi, ma i dati che ci offre la scienza appaiono veramente preoccupanti.
Il rapporto della Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha rivelato che gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando si hanno i dati delle rilevazioni scientifiche della temperatura, che il livello degli
oceani si eleva sempre più velocemente a partire dal 2013, da 2,1 mm all’anno fra il 1993 e il 2002, a 4,4 mm all’anno fra il 2013 e il 2021, che il tasso di acidità dei mari, a causa della forte presenza di CO2, è il più alto degli ultimi anni.
Il sempre più frequente verificarsi di eventi meteorologici estremi, con le devastazioni che, ormai, siamo abituati a vedere, da ultimo quelle a Catania, è sotto gli occhi di tutti.
Il genere umano ci ha abituati a guerre prive di senso e da contorni irrazionali, però nella nostra era digitale e considerati gli arsenali nucleari, ormai disponibili per molte nazioni, appaiono molto difficili conflitti tra grandi potenze, se non regionali e sostanzialmente per procura, oppure che corrono in rete. La vera sfida del futuro per i grandi del mondo e per l’umanità intera sarà proprio salvare il pianeta e non perché una
ragazzina, decisamente sopravvalutata, ha deciso di non andare a scuola e piazzarsi in strada a protestare, ma perché il problema è veramente serio.
Non a caso il tema della 49^ settimana sociale svoltasi a Taranto è stato “Il pianeta che speriamo.
Ambiente, lavoro, futuro.” In quella sede si è evidenziato con forza che l’emergenza sociale, acutizzata dalla pandemia di Covid 19, e l’emergenza ambientale, rapportate e necessariamente da risolvere
congiuntamente, sono il nuovo focus della questione sociale, resa ancor più incandescente dalle sempre più diffuse diseguaglianze e dal declino della classe media, che è la prima a pagare le fasi incerte della storia.
Anche al G20 di Roma si è parlato di ambiente ed, ovviamente, al successivo meeting a Glasgow del Cop 26 l‘argomento ha avuto il suo ulteriore sviluppo con la partecipazione diretta di gran parte dei leader
mondiali.
Le intenzioni di prendere di petto il problema ci sono tutte, ma alcuni, come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, si sono dimostrati, quanto meno a parole, pronti ad interventi concreti in tempi ragionevolmente
brevi (ovviamente si parla sempre di lustri), altri, come la Russia, la Cina, l’India ed il Brasile non nascondono il problema, ma semplicemente non se la sono sentita di prendere impegni. I primi sono i
buoni ed i secondi i cattivi? Difficile dirlo, comunque anche Biden, pur dimostrandosi collaborativo, ha detto in una successiva conferenza stampa che comunque gli Stati Uniti non possono riconvertirsi ad
energie alternative per i prossimi venti o trent’anni, ” Non è realistico smettere di usare benzina e gas all’improvviso, ma arriveremo ad emissioni zero entro il 2050 “; ha affermato. Quindi anche gli USA sono da mettere tra i cattivi?
Bisogna essere realistici, la verità è che una riconversione energetica necessita tempo ed il non aver voluto da parte di Russia e Cina fissare date certe è dovuta dalla comprensibile ragione che per mettere a regime
nuove fonti energetiche verdi il percorso non è agevole e fissare delle date appare veramente mission impossibile.
Una quarantina di Paesi si sono impegnati ad una drastica riduzione del carbone, è una buona notizia, ma quanto sarà realistica, anche in considerazione della scarsità del gas naturale?
In ogni caso Cop 26 non è andata molto oltre le buone intenzioni.
La verità è che la riconversione green costerà e costerà molto, andrà certamente fatta ma se non sarà graduale, ma costante, rischieremo di non aver risultati apprezzabili oppure di sostituire nelle piazze coloro
che oggi manifestano per un pianeta pulito, con altri che manifestano contro le nuove povertà.
La responsabilità di chi oggi governa è molta e l’auspicio è che i leader guardino lontano e non ragionino per risultati elettorali a breve termine.
Ambiente, dalla settimana sociale di Taranto a Cop 26
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