Pandemia e povertà – Ciò che sta emergendo in questo particolare periodo pandemico è soprattutto che il covid 19 non conosce e non riconosce i confini e le distanze geografiche.
La sua diffusione sta determinando conseguenze geopolitiche ed economiche che stanno orientando verso una nuova relazione tra vita biologica e scelte politiche.
A circa un metro di distanza l’uno dall’altro, mascherati in una sorta di equidistanza, crescono le disuguaglianze, diminuiscono le opportunità di lavoro.
Gli stati d’animo prevalenti sono la frustrazione e la tristezza, derivanti soprattutto dall’ incertezza sul futuro.
Da ciò deriva una più diffusa povertà, infatti, è sotto gli occhi di tutti la sproporzione tra la vita umana garantita, ben al di là dei suoi reali bisogni, e la vita umana condannata alla sofferenza per fame e sete, per mancanza di cure mediche.
E’ la conseguenza della globalizzazione e di un’economia sfrenata che rende più ricche le persone ricche e più povere le persone povere.
La brutalizzazione delle condizioni delle donne e degli uomini, unita all’affermazione sempre maggiore di nuovi modelli socio-economici che considerano le persone come merce di scambio è una realtà.
La povertà non è una calamità, è la conseguenza di un crimine commesso da persone senza scrupoli che deprivano di ricchezze molti Paesi che non sono poveri, rendendoli impoveriti. Si è passati da una forma di colonizzazione aggressiva e rozza a una forma di colonizzazione “leggera e subdola”. C’è una dignità umana che consiste non solo nell’avere il necessario per vivere, ma anche nell’avere il diritto di dare.
Al povero viene impedito anche questo: il desiderio di donare.
Quindi, se la vita è degradata per fame e miseria, non c’è da stupirsi che un essere umano provi a sfidare il mare per andare a vivere da ex colonizzato in un paese di ex colonizzatori. Questa nostra società è caratterizzata da profonde ingiustizie e disuguaglianze che influenzano le opportunità iniziali della vita, perciò quando si fa riferimento alle nozioni
di valore e di merito, le ingiustizie e le disuguaglianze non meritano alcuna giustificazione.
Un individuo che lascia il suo Paese con lo scopo di andare a migliorare la propria condizione, fuggendo da guerre, violenze, fame, malattie, ha il pieno diritto di farlo. E se noi non abbiamo la sensibilità e la volontà di aiutarlo, dobbiamo renderci consapevoli che non abbiamo il diritto di negargli di aiutarsi da solo. E’ l “io debole”, caratterizzato da una vocazione auto-affermativa, nella quale tende a sparire la dimensione etica e collaborativa tendente ad annullare qualsiasi possibilità di patto e di intesa.
In tal senso è bene considerare che la situazione relativa agli sbarchi e all’immigrazione deve riguardare l’Europa intera e non soltanto l’Italia. E invece, in alcuni casi si è portati a voltare lo sguardo dall’altra parte, amplificando i propri “bassi appetiti” e i propri interessi, disinteressandosi così delle tragedie di altre milioni di persone. Ciò che accadrà in Africa nei prossimi decenni condizionerà di molto il destino dell’intero pianeta.
E in considerazione della vicinanza geografica, delle relazioni economiche e sociali, riguarderà soprattutto l’Italia e gli altri Paesi europei. Sono recentissime le immagini di intere famiglie ferme ai confini di alcuni nazioni, tra indifferenze e fili spinati. Ciò che maggiormente colpisce è vedere numerosi bambini con i piedi scalzi tra la neve: simbolo eloquente di questa fredda umanità. Non c’è più tempo da perdere, bisogna acquisire la consapevolezza che la strada da percorrere è quella della pace e del rispetto dei valori inerenti i diritti umani.
La pace spiega il suo vero volto nella prassi pacifica e non attraverso azioni sloganistiche e propagandistiche finalizzate esclusivamente al conseguimento dei consensi. La pace è un addestramento per il ragionamento comunitario.
Tale ragionamento si realizza attraverso due stili: predicandola ma soprattutto praticandola. La pace è la lotta contro la disumanizzazione, è l’idea secondo la quale non debba mai prevalere il lato oscuro della ragione. Questo mondo che sta diventando sempre più fragile e provvisorio, ci pone di fronte a una scelta: decidere se restare muti, oppure dire e fare a difesa dei valori universali.
La crisi attuale sta togliendo la maschera dal volto dell’umanità, rivelando l’inizio di una sorta di processo erosivo. Purtroppo, molto spesso perdiamo la memoria, dimenticando il valore assoluto della persona e dell’essere umano. In questo contesto assume sempre maggiore importanza la solidarietà che richiama il concetto di altruismo, per mezzo del quale, si indica il desiderio di una persona di vivere insieme agli altri.
Esistono, dunque, i valori collettivi e, come tali, assumono rilevanza sociale, dando così origine alle idee di “impegno congiunto” e di “soggetto plurale”. La solidarietà rappresenta il criterio più fecondo per valutare la qualità dei rapporti tra individui, in essa si suppone l’intenzionalità personale nel riconoscimento vero e autentico dell’umanità.
Il futuro è già presente, spetta a ciascuno di noi agire responsabilmente per un cambio di rotta. Prima che sia troppo tardi.
Francesco Barone – Portavoce di Denis Mukwege e Ambasciatore di pace