Il Governo ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli ultra cinquantenni e tutti i lavoratori, indipendentemente dall’età, dovranno avere, dal 15 febbraio prossimo, il green pass rafforzato, quindi dovranno essere o vaccinati o guariti dal Covid.
Detta introduzione è stata comunicata con enfasi quasi trionfalistica, come per sottolineare che il nostro Paese è un vero apripista da prendere a modello in tutto il mondo.
Si continua, quindi, sulla strada del vaccino come unica arma per combattere la pandemia, arma che, se pur importantissima, da sola evidentemente non basta ed il Governo, in un percorso ormai quasi ideologico, continua solo sulla strada delle imposizioni e delle restrizioni, trascurando altri strumenti proposti a gran voce dall’unica opposizione di Fratelli d’Italia, come la ventilazione meccanica controllata nelle scuole e nei luoghi di lavoro, il potenziamento del trasporto pubblico, il sostegno alle aziende per le sanificazioni, il rafforzamento della sanità pubblica e delle cure domiciliari.
Nel nuovo decreto sono state introdotte altre misure riguardo al green pass semplice, a quello rafforzato, alle scuole, tutte misure per lo più restrittive. Quella più incomprensibile è mettere in DAD, in alcuni casi, solo gli studenti che non abbiano concluso il ciclo vaccinale, mentre gli altri potrebbero continuare le lezioni in presenza, il che crea un’inaccettabile discriminazione e differenza di trattamento che inciderebbe sul rendimento scolastico.
Comunque, a parte tale evidente stortura, il dato è che la regolamentazione appare sempre più complessa e di difficile comprensione anche per chi è mediamente acculturato, cerca di essere informato ed è attento, figuriamoci per le fasce di popolazione più semplici.
Dal provvedimento, evidentemente di mediazione tra le diverse posizioni delle forze politiche di governo, emerge proprio una contraddittorietà che rende la, pur comprensibile, scelta dell’obbligo più una petizione di principio che un provvedimento efficace, dato che la sanzione, è di appena 100 Euro, poco più di un divieto di sosta e sarà irrogata dall’Agenzia delle Entrate, che, nel percorso orwelliano che si sta sempre più delineando, avrà i dati sensibili sanitari di tutti gli italiani, con buona pace della privacy.
Per cui mi sento di azzardare la definizione di “obbligo a mezzo servizio”.
Ora si confronteranno virologi e costituzionalisti sul tema in base alla disciplina vigente nel nostro Paese, disciplina che è stata ribadita dalla nota recente sentenza della Corte Costituzionale n.5 del 2018, nella quale sono stati confermati tre necessari presupposti: “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela
risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).”
Sui primi due presupposti il dibattito tra no vax e pro vax potrebbe essere infinito, infatti riguardo al primo presupposto non sembra che il vaccino eviti i contagi, ma certamente li riduce, per cui si tratta di una valutazione quantitativa, più che qualitativa, ed, a seconda delle posizioni, il bicchiere potrebbe essere visto mezzo pieno o mezzo vuoto, riguardo al secondo presupposto reazioni avverse a breve termine esistono ma appaiono rarissime, più complessa è una valutazione per eventuali reazioni avverse a lungo termine, ed anche qui le posizioni possono essere differenti. Personalmente, ma si tratta evidentemente di un parere da uomo della strada senza alcuna cognizione scientifica specifica, mi sembra, dalla lettura dei numeri, che la efficacia generale sia indubitabile, per cui anche un rischio di eventuali reazioni avverse ritengo sia più che accettabile, ed i comprensibili dubbi dei no vax devono essere sì rispettati, ma non condivisi.
Sul terzo presupposto è evidente che, rendendo obbligatorio il vaccino, gli eventuali danni, veramente rari, che possa creare il farmaco debbano essere indennizzati dallo Stato, il quale deve essere il primo ad essere convinto della bontà dello strumento di prevenzione per poterlo imporre, sia in maniera esplicita, con l’obbligo, sia in maniera implicita, con le sempre maggiori restrizioni.
Quello che ritengo veramente inaccettabile è la imposizione implicita, con inutili green pass e divieti sempre più stringenti tanto da rendere la vita così impossibile da sostanzialmente costringere i più riluttanti a vaccinarsi, ma senza che il Governo si assuma la responsabilità di reazioni avverse che resterebbero in carico al singolo cittadino danneggiato.
Quindi, da una parte condivido che finalmente si sia fatta chiarezza e presa la strada dell’obbligo vaccinale, con ogni relativa conseguenza, dall’altra, pur essendo favorevole al vaccino, avrei preferito una diversa scelta volta al dialogo, al convincimento ed alla responsabilizzazione del cittadino.
Questa strada sarebbe stata più consona ad una moderna democrazia liberale e forse sarebbe stata ancora più efficace.
Mi spiego, l’imposizione dell’obbligo “incattivisce” ancor più un no vax, per cui se prima non voleva vaccinarsi, ora sarà ancor più deciso nella propria convinzione, e sinceramente il rischio di pagare una multa di cento euro non mi sembra proprio sia un gran deterrente.
Al contrario se si fosse mantenuta la semplice facoltà rispettando, quindi, le singole scelte, ma responsabilizzandole, l’efficacia ritengo sarebbe stata maggiore. Facile sarebbe stato prevedere la responsabilizzazione del no vax semplicemente stabilendo che le spese per le cure conseguenti ad un suo contagio non siano a carico della collettività ma del singolo che, mettendosi a rischio di più gravi conseguenze per sua libera convinzione, deve anche assumersi l’onere delle sue scelte senza pesare sugli altri.
Una società della libertà di autodeterminazione dei cittadini, ma anche delle responsabilità, e che non sia solo dei diritti, ma anche dei doveri, è una società matura.