M5S dal bollare la “vecchia politica” alle carte bollate – Quando i Tribunali entrano nella vita strutturale dei partiti e dei movimenti politici è veramente triste, una sconfitta per la democrazia chiunque ne venga colpito.
Per questo, pur sentendomi quanto mai lontano dai grillini, non mi rallegra il recente provvedimento del
Tribunale di Napoli che ha annullato le delibere del M5S del 3 e del 5 agosto scorso che avevano approvato
il nuovo statuto ed eletto Giuseppe Conte presidente.
Quasi una nemesi si è abbattuta sul Movimento, che urlava slogan sull’onestà, sul giustizialismo e sulla
legalità, si è passati dal bollare, con i famosi “vaffa”, la politica del palazzo alle carte bollate che hanno
colpito il cuore della struttura, peraltro con motivazioni tutt’altro che peregrine, ma che dovranno,
comunque, essere approfondite nella fase di merito della controversia.
L’ordinanza cautelare del Tribunale di Napoli appare, in ogni caso, convincente nel suo percorso logico.
Si rileva nel provvedimento che l’art. 6 dello statuto vigente al momento della delibera di approvazione di
quello nuovo, quella del 3 agosto, prevedeva la necessità della partecipazione della maggioranza degli
iscritti, tra i quali potevano essere esclusi quelli iscritti da meno di sei mesi solo in presenza di un
regolamento adottato dal Comitato di Garanzia, su proposta del Comitato direttivo.
Di detto regolamento, però, non sarebbe stata accertata l’esistenza per cui non sarebbe potuta essere
disposta alcuna esclusione, come, invece, è avvenuto, con la conseguenza che il relativo quorum sarebbe
stato erroneamente calcolato sulla base di soli 113.894 soggetti, in luogo di 195.387, come sarebbe stato
corretto, con l’esclusione, quindi, di ben 81.839 iscritti da meno di sei mesi dal quorum costitutivo, che
sarebbe dovuto essere, pertanto, di almeno 97.694 associati anziché dei soli 60.940 che hanno
effettivamente partecipato all’assemblea, quindi una bella differenza.
Conseguenza della invalidità della delibera del 3 agosto di modifica dello statuto è il permanente vigore del
precedente statuto, che non prevedeva la figura del presidente quale organo dell’associazione, pertanto
anche la successiva delibera del 5 agosto, che, come noto, aveva eletto Conte a detta carica, è stata
travolta.
E’ recentissima, poi, la notizia che, pare, detto regolamento sarebbe stato in effetti adottato nel 2018 e che
sarebbe stata una semplice dimenticanza non averlo dedotto in giudizio. Insomma un vero pasticcio che
non appare consono ad una forza politica di governo, qualunque sia alla fine l’esito giudiziario.
L’avvocato del popolo si è affrettato a dire che, indipendentemente dalle decisioni dei Tribunali, la sua forza
politica e la sua leadership sono indiscusse, e su ciò mi trova d’accordo, in quanto mi sembra alquanto
difficile che anche una nuova consultazione possa modificare il dato politico, ma certo quanto accaduto
appanna la sua figura e quella di tutto il Movimento, oltretutto in un momento delicato in cui le tensioni
con Di Maio non fanno presagire certo giorni sereni, con conseguenze che potrebbero andare ben al di là di
mere baruffe interne. Non per nulla Grillo ha imposto il silenzio e l’imbarazzo di Letta, con il suo campo
largo, appare trasparire.
Che il M5S abbia perso il suo appeal iniziale e sia cadente nei sondaggi appare un dato di fatto tutto
politico, ma quando cominciano ad entrare i Tribunali, indipendentemente dall’esito delle decisioni, non è
una festa per la vita democratica del Paese.
Ho tanto l’impressione che vi sia la concreta possibilità di trovarsi, in un prossimo futuro, di fronte ad una
situazione simile, naturalmente con i dovuti distinguo per radici culturali e storia, a quella della DC, intorno
alla quale gruppi di eredi, o pretesi tali, da anni si stanno combattendo a colpi di carte bollate, guerra che
ha portato, almeno fino ad oggi, alla irrilevanza politica ed alla proliferazione di una miriade di partiti e
movimenti che si autodefiniscono essere l’unica vera Democrazia Cristiana in Italia, con una confusione che
la gloriosa storia della balena bianca veramente non meritava.
Tutto ciò dovrebbe far riflettere l’intera classe politica sulla necessità ed urgenza di attuare in concreto e
nella sua pienezza l’art. 49 della Costituzione, dando regole certe per la vita dei partiti affinchè quel
“metodo democratico” scritto a chiare lettere dai costituenti si realizzi in maniera compiuta e non lasciando
a capipopolo di turno ed a reti web non opportunamente regolamentate una mano così libera da poter
essere, quanto meno potenzialmente, arbitraria.
Non a caso un grande italiano come Aldo Moro già decenni or sono ammoniva “se non vi è una base di
democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere indirizzo democratico nell’ambito della vita politica
del Paese”.