Referendum sulla giustizia e separazione delle carriere – Il 12 giugno si voterà il referendum sulla giustizia di cui la gente è decisamente poco informata e del quale non sembra si stia dando troppo eco, con il concreto rischio di non raggiungere il necessario quorum del 50% più uno per decretarne la validità.
Pur trattandosi di un piccolo election day in quanto in quella data si voterà anche per le amministrative, non credo che detta contemporaneità sia determinante, visto che si voterà in solo circa mille comuni a fronte degli oltre ottomila italiani, per una popolazione di nove milioni di abitanti a fronte della totale di sessanta milioni, per cui sarà importante una corretta informazione e motivazione per indurre i cittadini a passare per il seggio elettorale in una domenica di calda primavera inoltrata, prima di andare al mare o di
ritorno dalla spiaggia.
Anche i quesiti, su alcuni dei quali, come quello sull’abolizione della legge Severino e sulla limitazione della carcerazione preventiva, ho serie perplessità non condividendone le finalità, non appaiono così accattivanti ed immediatamente comprensibili dal grande pubblico nel loro effetto pratico, per cui il rischio di una grande astensione esiste, il che, a prescindere dall’oggetto sul quale il popolo è chiamato ad esprimersi, non è un bene per la democrazia.
Su tutti svetta, però, per la sua importanza quello riguardante la così detta separazione delle carriere tra i giudicanti ed i requirenti, cioè tra i Giudici ed i Pubblici Ministeri, tema dibattutissimo da anni e di vitale importanza.
Il quesito di per sé semplice nella ratio è di difficilissima comprensione, considerato il lenzuolo di norme che verrebbero toccate, così da rendere necessario un lunghissimo testo, che, immagino, nessuno leggerà se non gli addetti ai lavori.
In effetti non si tratta tecnicamente della separazione delle carriere, bensì di quella delle funzioni, infatti, come giustamente rilevato dal Presidente della Consulta Giuliano Amato, “la carriera secondo questo referendum non viene toccata, rimane unica…. quando si parla di carriera ci si riferisce propriamente al come si entra, come sono regolati gli avanzamenti, qual è l’organo che decide su avanzamenti e spostamenti: tutto questo rimane comunque comune, e la carriera è la stessa in realtà”.
In ogni caso se il quesito dovesse passare un grande salto in avanti verrebbe fatto nel rendere il processo penale più giusto e nel portarlo verso la parificazione tra accusa e difesa nella struttura accusatoria del procedimento.
Non vi è chi non veda come la terzietà, che dovrebbe avere il Giudice, possa subire, ovviamente anche in perfetta buona fede, delle influenze nel proprio equilibrio dalla familiarità che si ha tra colleghi che hanno fatto lo stesso concorso, che potrebbero anche aver lavorato nello stesso ufficio e che alternativamente nel tempo abbiano ricoperto le medesime funzioni, a fronte della difesa che proviene da tutt’altra categoria professionale e con la quale si ha come punto comune unicamente l’aver frequentato giurisprudenza
all’Università.
In attesa, quindi, di un provvedimento organico di vera separazione delle carriere, accontentiamoci di quello delle funzioni nella misura e limitatamente agli interventi proposti dal quesito referendario.