Il Governo dei migliori è arrivato al capolinea, lo show down dello scorso 20 luglio al Senato ha decretato la fine di Supermario alla guida del Paese. A questo punto, riprendendo la vecchia storiella americana che ho ricordato nell’editoriale della scorsa settimana (Draghi al Colle, Italia grillina al capolinea, Almanews24 18.7.22), il Presidente del Consiglio dovrà preparare le tre buste per il suo successore.
L’epilogo era prevedibile, vista l’assoluta eterogeneità della compagine partitica che sosteneva l’esecutivo e, soprattutto, la volubilità del maggior azionista il M5S, meno prevedibile era la modalità con cui è avvenuto, per la quale bisogna dare atto della capacità di Matteo Salvini di aver recuperato una situazione che l’avrebbe visto in un ruolo decisamente secondario e passivo.
La bomba è stata innescata da Conte, il quale si sarebbe preso il “merito” davanti al suo elettorato di aver mantenuto una posizione dura e pura ad ogni costo per tutelare il popolo italiano (secondo la sua visione), intestandosi, così, la paternità della caduta di Draghi, il che, ovviamente, avrebbe avuto un notevole peso elettorale in un momento in cui i consensi per i grillini erano ai minimi storici. Ma Salvini, con un abile colpo di mano, convincendo anche Berlusconi, che, probabilmente, pagherà questa scelta con una spaccatura in Forza Italia, è stato il vero e definitivo artefice della operazione e si è allineato a Giorgia Meloni, la quale è colei che più di tutti può cantare vittoria avendo da sempre avuto coerentemente una posizione di opposizione ed avendo da sempre chiesto il voto per rinnovare un Parlamento che, nella sua attuale composizione, è il vero problema dell’odierno momento di crisi politica.
Enrico Letta appare stupefatto e parla di “un giorno di ordinaria follia”. Ma è proprio sicuro che questo epilogo non sia anche, in parte o soprattutto, da addebitare al proprio partito che ha trasbordato in campi decisamente divisivi come, ad esempio, la liberalizzazione della cannabis, lo ius soli o lo ius scholae, l’eutanasia, il termovalorizzatore, temi di cui veramente non si sentiva la immediata necessità in un momento storico in cui gli equilibri politici sono così delicati e le emergenze vere sono la crisi economica, quella sanitaria e la guerra alle porte? Si sa, l’appetito vien mangiando, una volta che si è al potere si è tentati di esercitarlo fino in fondo.
A questo punto si aprono i giochi veri. Nel centro sinistra sono tutti disorientati, si sentono scippati di un potere che da anni detengono, e sanno gestire, senza vincere le elezioni ed il famoso campo largo di Letta appare a questo punto una chimera, ma anche se si ricucisse non so veramente quanto l’abbraccio con il M5S possa essere vantaggioso per il PD, comunque sia una sonora sconfitta elettorale appare più che probabile.
Nel centro destra svetta la posizione di Fratelli d’Italia, premiato dai sondaggi e che può vantare una coerenza nel proprio percorso e nelle proprie scelte difficilmente uguagliabile, la Lega, sia pur con sondaggi decisamente inferiori, mantiene comunque una posizione rilevante e, di certo, il fatto che sia stata determinante per la caduta di Draghi le farà acquisire punti, più complessa è la condizione di Forza Italia, che, seguendo le scelte di Salvini, ha dato un colpo non da poco alla propria specificità, il che potrebbe comportare ripercussioni sul suo elettorato ed addii di personalità di rilevo, come è già successo con le dimissioni di Maria Stella Gelmini. Vedremo se questi ultimi due partiti andranno separati alle elezioni, ovviamente sempre nella stessa coalizione, o si formerà una effettiva federazione con liste comuni, visto il derby che si giocherà con la Meloni.
La morale di tutto questo teatro è la evidente sconfitta del sogno grillino, movimento privo di alcuna delle grandi basi ideologiche e culturali del ‘900, che hanno fatto grande l’Italia, basato sull’appiattimento delle persone, dove uno vale uno, su tanti “no”, sulla protesta più che sulla proposta, ma soprattutto sulla visione di una società piena di diritti ma con pochi doveri, che ha nel reddito di cittadinanza la più evidente espressione.
Si chiude, quindi, un capitolo per l’Italia e se ne deve aprire un altro che abbia basi culturali ben diverse ed una visione di Paese chiara e differente dai governi arcobaleno avutisi negli ultimi anni sostenuti da questo singolare Parlamento, che, in ultimo, ha avuto bisogno di un banchiere per togliere le castagne dal fuoco, ed è finita come è finita.
A questo punto la parola deve ritornare agli italiani i quali si meritano un’offerta politica che dia affidabilità ed abbia autorevolezza. In tutto ciò il ruolo dei cattolici, quasi sparito nell’attuale legislatura e, per la verità, poco presente in tutta la seconda repubblica, è necessario che ritorni preponderante.
Difficilmente conciliabile è la loro presenza in un centro sinistra paladino della cultura gender, decisamente favorevole all’aborto, che non vede nella famiglia naturale generatrice, composta da un uomo ed una donna, il fulcro centrale della società, il tutto in nome di pretesi diritti civili e di una modernità volta a sovvertire la natura stessa con la visione di un uomo prometeo a cui tutto è concesso. In questa metà campo è certamente presente una politica del sociale cattolica, ma molto meno una politica della morale cattolica.
Diversa la posizione del centro destra dove la politica della morale cattolica è molto più presente, il che non significa un oscurantismo bigotto, ma una modernità diversa che certamente riconosca i principali diritti civili e sia contro ogni discriminazione, ma con una visione della centralità della famiglia generatrice e della vita, che consenta di contrastare il deserto demografico e tutelare veramente i più deboli, temi questi non semplicemente ideologici o di bandiera ma fondamentali per la sopravvivenza stessa della società.
E’ il tempo della costruzione di un grande partito conservatore in Italia e la presenza dei cattolici garantirebbe quella base culturale e programmatica (già da sola la dottrina sociale della Chiesa basterebbe per cento Governi), che, anche unita alle altre grandi culture identitarie e liberali, darebbe al Paese una forza politica di ampio respiro, che avrebbe il rispetto di tutte le Cancellerie europee, e che darebbe stabilità duratura. I partiti di centro destra hanno questa grande responsabilità ed in questo percorso è già in fase avanzata in particolare Giorgia Meloni, ma ancora della strada c’è da fare.
Questa tornata elettorale sarà una grande occasione. Già si comincia a sentire da sinistra che bisogna combattere un centro destra a trazione FDI e Lega, definito populista e privo di classe dirigente, indigesto alle grandi lobby finanziarie internazionali ed ai salotti buoni europei, non sarà semplice per Giorgia e Matteo superare questi luoghi comuni, quel che necessiterà è un programma chiaro e fattibile, nonché una particolare attenzione nella composizione delle liste dove ogni candidato dovrà essere ovviamente inattaccabile sotto il profilo dell’onestà e trasparenza, ma dovrà anche avere un curriculum consono al ruolo nonché rappresentare dei mondi culturali e sociali, in modo da avere nel prossimo Parlamento, che, come noto, sarà molto ridotto numericamente, una valida presenza delle varie sensibilità del Paese e tra queste, in particolare, quella cattolica, che confido avrà una componente consistente e determinante.