L’emergenza natalità non si risolve con le passerelle – Gli Stati generali della Natalità, oggi e domani a Roma, si presentano come un gran calderone in cui abbondano politici ed esperti di tutte le tendenze, ma in maggioranza espressione di culture anti-nataliste. Organizzata dalla Fondazione per la Natalità – nata da una costola del Forum delle Famiglie -, si candida a occasione persa per affrontare seriamente il problema.
A vedere la lunghissima lista dei partecipanti agli Stati generali della Natalità, che si svolgono oggi e domani a Roma, ci si potrebbe stupire di come sia possibile che l’emergenza denatalità in Italia non sia mai stata veramente affrontata visto il grande coinvolgimento. Che sia una emergenza non c’è dubbio, ormai da tempo ogni anno l’Italia batte il record negativo di nascite: nel 2022 siamo scesi per la prima volta sotto le 400mila nascite, 392.598 per la precisione (50 anni prima, nel 1972, erano 888.203). E la tendenza non può che continuare ancora per molto visto che il perdurare dei bassi tassi di fecondità restringe sempre più il segmento di popolazione femminile in età fertile.
E così a Roma, sotto l’egida della Fondazione per la Natalità, nata da una costola del Forum delle Famiglie, sfileranno politici di tutti i partiti, rappresentanti dell’associazionismo, amministratori delegati di gruppi industriali, tutti insieme consapevoli della strada del suicidio demografico e culturale che ha imboccato l’Italia. O no?
No, infatti. Una passerella lo sarà certamente ma basta guardare i nomi e le organizzazioni rappresentate per capire che la gran parte dei presenti sostiene tranquillamente la cultura anti-natalista, a volte senza neanche esserne coscienti. Al massimo si potranno trovare d’accordo su qualche misura economica marginale (già sul finanziamento dei Centri di Aiuto alla Vita o sugli assegni familiari si troverebbe una forte opposizione) ma certamente ci sarebbe molta più sintonia sui (dis)valori che sono alla base del crollo della fecondità, in Italia e in tutto l’Occidente.
Ad esempio, da Elena Bonetti (Italia Viva, ex ministro della Famiglia) a Mara Carfagna (Azione), da Matteo Salvini (Lega) a Elly Schlein (Partito Democratico), da Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle) a Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia) e Antonio Tajani (Forza Italia) chi penserebbe di mettere in discussione la libertà di contraccezione? Addirittura tutto il centro-sinistra difende a spada tratta la distribuzione gratuita delle pillole contraccettive decisa in questi giorni dall’Aifa e propone anche l’educazione contraccettiva nelle scuole. Eppure è proprio nella riduzione della sessualità a pura materialità, di cui la contraccezione è l’espressione più evidente, che sta il problema fondamentale. Come scriveva san Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae denunciando la deformazione della sessualità vissuta come «occasione e strumento di affermazione del proprio io e di soddisfazione egoistica dei propri desideri e istinti»: «Così si deforma e falsifica il contenuto originario della sessualità umana e i due significati, unitivo e procreativo, insiti nella natura stessa dell’atto coniugale, vengono artificialmente separati: in questo modo l’unione è tradita e la fecondità è sottomessa all’arbitrio dell’uomo e della donna. La procreazione allora diventa il «nemico» da evitare nell’esercizio della sessualità: se viene accettata, è solo perché esprime il proprio desiderio, o addirittura la propria volontà, di avere il figlio “ad ogni costo” e non, invece, perché dice totale accoglienza dell’altro e, quindi, apertura alla ricchezza di vita di cui il figlio è portatore» (no. 23).
E nessuno dei presenti – neanche il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Matteo Zuppi – metterebbe in discussione la Legge 194 che ha legalizzato l’aborto in Italia: in questi mesi ci è stato ripetuto in tutte le salse anche dai leader del centro-destra e da eminenti ecclesiastici. Addirittura c’è tra i presenti chi considera l’aborto un diritto umano. In Italia dal 1978 sono stati eliminati così oltre 6 milioni di bambini: c’è chi sostiene che non c’è relazione tra aborti e tassi di fecondità, ma ci si dovrebbe anche spiegare come una cultura che afferma il diritto di uccidere i bambini possa anche essere aperta all’accoglienza della vita. E ovviamente la maggioranza sostiene – o almeno non contesta – le unioni omosessuali e tutta la cultura LGBTecc., che pure è per definizione un disincentivo alla procreazione (a parte quell’altro crimine che si chiama utero in affitto).
Non parliamo neanche del divorzio, perché a mettere in discussione tale “diritto civile” si verrebbe presi per marziani (anche agli Stati generali sulla Natalità). Eppure, dati alla mano, il crollo dei tassi di fecondità in Italia, che fino ai primi anni ’70 erano ancora al livello di sostituzione, coincide con l’introduzione del divorzio (1974). Perché si sa che una famiglia solida e stabile tende ad avere un maggior numero di figli, garantendo anche l’ambiente migliore per educarli (perché non basta metterli al mondo). Favorire la disgregazione della famiglia (e qui entra anche la spinta a riconoscere qualsiasi unione come famiglia) significa contribuire al calo delle nascite.
A dir poco sorprendente poi è che tra i relatori troviamo rappresentanti di associazioni, come la Società Italiana della Riproduzione Umana, che si occupa sì di infertilità ma anche e soprattutto di fecondazione artificiale: speriamo che a nessuno venga in mente di sostenere che anche questo è un contributo alla natalità. O come Earth Day Italia, che sposa quell’ecologismo radicale che ha generato tra l’altro anche la mentalità per cui bisogna avere meno figli per poter salvare il pianeta. Come si concilia tutto questo con la sensibilizzazione al tema dell’emergenza natalità? Mistero. E non saranno certo l’intervento del demografo Giancarlo Blangiardo, past president dell’Istat, che non potrà che ripetere ciò che (inascoltato) dice da 30 anni riguardo al calo demografico, né qualche bella testimonianza di madre con quattro figli, come Lorella Cuccarini, a dare un senso a questa kermesse. E neanche il saluto in presenza di papa Francesco, che oltretutto nel programma è inserito come un ospite qualunque, stretto tra l’organizzatore degli Stati Generali Gigi De Palo e il capo del governo Giorgia Meloni.
Può darsi che in questi due giorni sentiremo parlare anche sui giornali e in tv di emergenza denatalità in Italia, ma senza un giudizio preciso sarà l’occasione per dare voce a chi – alcuni presenti anche agli Stati Generali – dice che è un motivo ulteriore per fare arrivare ancora più immigrati. Un successo assicurato.