Le dichiarazioni rilasciate all’inizio di questa settimana a Tripoli dal ministro degli Affari Esteri del governo di unità nazionale libico, Najla El Mangoush, sulla necessità che tutti i “mercenari” lascino il paese hanno infiammato la polemica in Libia.
Mangoush ha invitato mercenari e forze straniere, tra cui quelle turche, a lasciare il paese, che da dieci anni è impantanato in un conflitto senza fine. Ankara si sta ancora difendendo dicendo che la sua presenza militare in Libia è legale.
È stato durante la conferenza stampa congiunta con il suo omologo turco che Najla El Mangoush ha ribadito la necessità del ritiro di tutti i “mercenari stranieri dal suolo libico”. Ma il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, ha affermato invece che la presenza delle forze turche a Tripoli è del tutto legale alla luce dell’accordo firmato con il governo Sarraj.
Da allora, Najla El Mangoush è stata violentemente attaccata e minacciata dalle milizie legate ai Fratelli Musulmani e alleate della Turchia. Alcuni di loro chiedono anche le sue dimissioni.
Quanto all’ex muftì Libia, Sadiq al Ghariani, leader spirituale delle milizie islamiste residente in Turchia, ha chiesto manifestazioni a migliaia di persone per “protestare contro il ministro e difendere Ankara”.
Le elezioni in Libia dovrebbero tenersi il prossimo 24 dicembre, data fissata dalle Nazioni Unite durante l’accordo di Ginevra lo scorso autunno, ma l’ordine del giorno è stato notevolmente ritardato. Anche l’attuazione delle decisioni di Ginevra è stata ritardata, rendendo improbabile che le elezioni si tengano prima della fine dell’anno.
Di Laila Maher