Afghanistan – La caduta di Kabul sotto i colpi dei talebani e la precipitosa operazione di evacuazione dei collaboratori (e loro familiari) dei Paesi della Nato che sono intervenuti nel ventennale conflitto afghano, oltre ad avere aperto il vaso di Pandora del dramma umanitario – che si poteva ampiamente presagire – e fatto tornare lo spettro del terrorismo islamico, per la prima volta ha portato all’attenzione dei media principali la questione delle risorse minerarie dell’Afghanistan.
In questi mesi, dalle colonne de il Giornale, oltre ad avere più volte fatto notare la necessità di affrontare il problema dell’evacuazione per tempo, abbiamo anche sottolineato come quel Paese, lacerato da conflitti pluridecennali, sia un el dorado per diverse risorse minerarie, alcune delle quali sono oggi molto importanti per l’industria ad alta tecnologia.
La battaglia per il litio
Una di queste è il litio. Si tratta di un metallo alcalino che si trova in natura principalmente sotto forma di brine – ovvero precipitati di soluzioni concentrate – e di minerali come carbonati, idrossidi e inosilicati, deriva cioè dall’alterazione ed erosione di minerali come lo spodumene o la petalite. Alte concentrazioni di litio si trovano nelle acque salmastre (0,03-0.3 percento di cloruro di litio), in particolare nei deserti della California, e in minori quantità nelle acque del mare. Pertanto in natura non si trova allo stato metallico, a causa della sua notevole reattività (si ossida facilmente).
Il litio ha diverse applicazioni, tra cui anche mediche, nucleari (per la produzione di trizio) e in campo bellico (gli ossialogenuri di litio vengono usati nelle batterie dei missili), ma il suo utilizzo è aumentato in funzione delle nuove tecnologie in campo elettronico: il metallo viene usato per produrre batterie elettriche più efficienti.
Insieme ad altri elementi, come le Terre Rare (che affronteremo a breve), presenti in innumerevoli prodotti sia della nostra quotidianità sia di livello militare o altamente specializzato (come magneti, superconduttori, turbine, laser, sistemi di guida di missili e satelliti), o i minerali del gruppo del platino (chiamati Pgm), ha scatenato una vera e propria “corsa all’oro” tra le maggiori compagnie minerarie del mondo. In dettaglio il consumo globale di litio viene assorbito per il 39% dai produttori di batterie, per il 30% dall’industria del vetro e della ceramica e per la restante fetta in vari settori come quello del trattamento dell’aria, produzione di polimeri o di grassi lubrificanti.
I Paesi con le maggiori riserve di litio sono Bolivia, Cile, Afghanistan, Australia, Stati Uniti, Messico e Cina. Un rapporto datato 2017/18 dell’Usgs, il servizio geologico degli Stati Uniti, rileva che l’Afghanistan ha depositi di spodumene, ma non fornisce stime sul tonnellaggio, sebbene sembri che esse ammontino – insieme ad altre risorse minerarie – a mille miliardi di dollari.
Fari anche su terre rare e rame
Per quanto riguarda le Terre Rare (o Ree – Rare Earth Elements), nel complesso carbonatico di Khanneshin, nella provincia meridionale di Helmand, ci sia un nuovo significativo deposito di elementi leggeri delle terre rare (Light Ree), stimato in circa 1,178 milioni di tonnellate, a cui si accompagnerebbero, in misura molto minore, minerali di uranio e fosforo. La prospezione geologica ha individuato concentrazioni totali di lantanio, cerio, praseodimio e neodimio, comprese tra 0,5 e 6,2 percento in peso.
Interessanti anche le quantità di rame. Un rapporto del 2019 del ministero delle miniere e del petrolio dell’Afghanistan ha stimato in quasi 30 milioni di tonnellate il minerale estraibile, a cui se ne sono aggiunte altre 28,5 nello stesso anno in giacimenti probabili: un valore complessivo di centinaia di miliardi di dollari su cui la Cina ha già cominciato a mettere le mani (almeno dal 2008).
In dettaglio i depositi di rame ospitati dai sedimenti delle montagne afghane includono alcuni dei giacimenti più ricchi e più grandi del mondo, al pari di quelli della “cintura di rame” dell’Africa centrale, che hanno prodotto oltre 1 miliardo di tonnellate di rame nonché quantità significative di cobalto e argento.
Le “riserve sfruttabili” di Aynak, nel settore centrale dell’Afghanistan, ammontano a 4,83 milioni di tonnellate. La stima delle riserve totali della zona centrale è di 6,8 milioni di tonnellate mentre quelle del settore occidentale di 4,55 milioni. Le risorse totali dell’Aynak (centrale e occidentale) sono 11,33 milioni di tonnellate di minerali di rame. Secondo il British Gelogic Survey (studio del 2006) ce ne sarebbero anche di più: le risorse complessive ammonterebbero a 240 milioni di tonnellate di minerale al 2,3% di rame. I depositi di rame afgani sono grandi e di qualità relativamente bassa e possono contenere anche quantità significative di cobalto, argento, uranio e, meno comunemente, elementi del gruppo dell’oro e del platino come sottoprodotti. L’estrazione di questi depositi richiederebbe centinaia di milioni di dollari in investimenti e anche significative risorse energetiche e infrastrutture di trasporto. Lo sviluppo minerario, dalla scoperta alla produzione, potrebbe richiedere fino a 10 o più anni.
Importanti anche i minerali di cromo. I principali depositi di cromite nello Yagh-Darra hanno una grandezza media di 20mila tonnellate con l’80% di essi che vanno dalle 2200 alle 200mila. I tre maggiori depositi del Logar, invece, sono stimati avere 181200 tonnellate di minerali contenenti dal 35,8 al 57,5% di Cr2O3. Di questo, circa il 15 percento (27mila tonnellate) è cromite metallurgica di alta qualità. Complessivamente nel Paese si stia che ci siano circa 3 milioni di tonnellate di minerale tra riserve “certe” e “probabili” e ulteriori 200mila “possibili”.
Presente anche la bauxite, minerale di alluminio: il più grande deposito conosciuto è quello di Obatu-Shela che si stima ne abbia tra le 2,5 e le 3 milioni di tonnellate.
Anche oro e preziosi nel mirino
Per quanto riguarda i preziosi, l’Afghanistan ha riserve aurifere per 2700 chilogrammi distribuiti in formazioni sedimentarie alluvionali nelle province di Takhar e Badakhshan e nella parte centro-meridionale dell’Afghanistan nel nord-est tra Kandahar e le province di Zabul e Ghanzi.
Non mancano le gemme. Il più abbondante è lo smeraldo, che si può trovare proprio nella valle “ribelle” del Panjshir: i giacimenti noti si trovano lungo il lato sud-orientale della valle vicino al villaggio di Khenj sebbene siano stati segnalati smeraldi anche sul suo lato nord-ovest, nell’area di Tawach. Ad oggi, i migliori smeraldi sono stati trovati nei depositi di Khenj e Mikeni. I valori di produzione annuale di smeraldi sono sconosciuti, ma le stime parlano di circa 50 milioni di dollari per l’anno 2000. Durante l‘esplorazione geologica della località Khenj nel 1976 furono recuperati 3360 grammi di cristalli di smeraldo. La maggior parte di questa quantità (3125,4 grammi) proviene dalla zona occidentale del deposito di Khenj, il resto da quella orientale. Si può stimare che la quantità di smeraldi di qualità nella zona occidentale sia di 7,5 carati per metro cubo; al 1977 le riserve di queste pietre preziose a Khenj ammontavano a 439,9 chilogrammi di cui 324625 carati (65,0 chilogrammi) erano di qualità tale da poter essere utilizzata per il mercato delle gemme. Non mancano nemmeno rubini, nel distretto di Qarghayai, con un’abbondanza compresa tra i 122 e i 157 grammi al metro cubo.