Puigdemont – Il nuovo scontro tra Madrid e Barcellona esplode nel pieno delle trattative per la legge di bilancio, che rischia di non passare senza i voti di Erc, la sinistra indipendentista del presidente catalano Pere Aragones, sul cui appoggio esterno si regge l’esecutivo.
L’arresto in Sardegna dell’ex presidente catalano, Carles Puigdemont, riapre il conflitto tra Madrid e Barcellona e mette a rischio la maggioranza del primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, che si regge anche sul sostegno di Erc, la sinistra indipentista del presidente catalano, Pere Aragones.
L’indulto concesso lo scorso giugno da Sanchez ai politici indipendentisti incarcerati per il tentativo di secessione del 2017 aveva sospinto verso nuovi progressi il “tavolo di dialogo” aperto con Aragones, la cui ultima riunione risale ad appena dieci giorni fa. Ora il tavolo rischia di essere rovesciato nel peggior momento possibile, ovvero quando sono in corso le trattative per la legge di bilancio.
Gli equilbri alla Camera
La coalizione tra Psoe e Podemos ha 167 voti alla Camera, dove la maggioranza assoluta è pari a 176 voti. A puntellare il governo Sanchez è l’appoggio esterno di cinque deputati indipendentisti baschi e di 13 deputati di Erc, senza i quali il premier socialista sarebbe costretto a cercare una difficile alternativa.
Lucia Munoz Dalda, deputata di Podemos, in conferenza stampa si è affrettata ad avvertire che la vicenda di Puigdemont “non dovrebbe avere nessuna interferenza con altri negoziati in corso”. “Il miglior modo” per risolvere il “conflitto” politico in Catalogna rimane “il tavolo di dialogo”, ha aggiunto Dalda, che ha esortato a scongiurare uno spostamento dello scontro politiche nelle aule dei tribunali. Sottolineature che dimostrano quanto sia già elevato l’allerta nell’esecutivo spagnolo.
Ma Aragones non cerca la rottura
Aragones, per il momento, non sembra però intenzionato a spezzare il filo di un dialogo costruito con tanta fatica e, nelle sue dichiarazioni in merito all’arresto del predecessore, ha evitato di prendere di mira Sanchez in modo troppo diretto. Il premier, assediato dai Popolari che gli chiedono di escludere un indulto per Puigdemont, non può, del resto, che invitare l’ex presidente catalano a consegnarsi alla giustizia spagnola.
Pur parlando di una “situazione gravissima” e di una “repressione che non si ferma”, il presidente della Generalitat ha concentrato i suoi attacchi sulla magistratura. “Lo Stato spagnolo ha mentito al tribuale europeo e non ottempera nuovamente al diritto dell’Unione Europea”, ha lamentato Aragones, secondo il quale “la credibilità del sistema giudiziario spagnolo già era intaccata, con la discrepanza sui mandati di cattura europei si dimostra che è un sistema anacronistico che cerca solo vendetta”.
Lo scontro interno agli indipendentisti
Considerato il volto moderato e dialogante dell’indipendentismo catalano, Aragones non può, da parte sua, abbassare troppo i toni, ora che deve incassare i duri attacchi dei suoi alleati di governo. La sinistra radicale di Cup e il centrodestra secessionista di Junts per Catalunya, ovvero il partito di Puigdemont, hanno infatti accusato stamane Aragones di aver sbagliato a fidarsi di Sanchez.
Jordi Puignerò, vicepresidente del ‘Govern’ catalano ed esponente di Junts, ha partecipato oggi alla contestazione di fronte al consolato italiano a Barcellona e ha dichiarato ai cronisti che il suo partito era sempre stato “molto scettico sul tavolo di dialogo” e che “il tempo ci ha dato ragione”.
Nei prossimi giorni sia Sanchez che Aragones dovranno quindi riuscire a non rompere senza però mostrarsi troppo concilianti in pubblico. Una posizione scomodissima che oggi accomuna due leader che hanno imparato a parlarsi e rispettarsi e non possono permettersi di veder dilapitato uno degli investimenti politici più ingenti delle loro carriere.