Fonte: Spy.it
Shock in Turchia: il presidente ed il Comitato direttivo dell’Ordine degli Avvocati di Ankara sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver “insultato” (leggi “criticato”!) in una lettera aperta il capo degli Affari religiosi Ali Erbas, molto vicino ad Erdogan. E’ avvenuto dopo un suo sermone durante la preghiera del venerdì contro la comunità LGTBI+ e le persone sieropositive. La condanna può arrivare a due anni di reclusione.
Erbas, che si è fatto strada parlando non solo di islam ma anche di nazionalismo, spiega “Asia News” che ha diffuso la notizia, aveva dichiarato che “omosessualità e adulterio portano malattie e depravazione tra le nuove generazioni”.
Quindi aveva proseguito: “Centinaia di migliaia di persone all‘anno sono esposte al virus dell’Hiv causato da questo grande haram (peccato), che passa come adulterio nella letteratura islamica. Combattiamo insieme – ha esortato – per proteggere le persone da questo tipo di male”.
L’associazione dei legali ha risposto con un comunicato, dicendo che Erbas discriminava le persone di cui sopra e che era rimasto “indietro di secoli”. Le sue parole fomentavano “odio” ed erano ancora più gravi, visto il potente ruolo che ricopre.
Il verdetto dei giudici (per gli avvocati!) non si è fatto attendere. La prima udienza è prevista l’11 novembre con l’accusa all’Ordine di aver “usato parole ingiuriose verso un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni e per aver espresso il suo pensiero, le opinioni o il suo credo”.
Il religioso aveva pronunciato l’infuocato sermone il 24 aprile 2020 e poi era arrivato l’esposto dell’associazione che parlava di “crimine d’odio”, ma non è stato accolto, anzi!
Erbas è stato criticato anche dall’Ordine forense Diyarbakır, città prevalentemente curda nella Turchia sudorientale. Il provvedimento del pubblico ministero è lo stesso.
Recentemente il leader religioso ha chiesto la censura dei social media (cosa peraltro non nuova per Erdogan), perché siano conformi all’islam. Lo ha detto il 1° settembre nel corso di un momento di preghiera per inaugurare l’anno giudiziario.
Alessandra Boga