Nella notte due ragazzine sono state rimpatriate in Svizzera dalla Siria dove la madre le aveva condotte nel 2016 per unirsi ai miliziani dello Stato islamico (Isis).
Il ritorno nella Confederazione delle due minorenni di 9 e 15 anni dal campo profughi Roj, nel nord-est del paese, è avvenuto dopo lunghe trattative con i curdi, che controllano la regione, e la madre, che nel frattempo ha perso la cittadinanza elvetica per motivi di terrorismo. I rispettivi padri, che sono riusciti a restare in contatto con le bambine, avevano ripetutamente chiesto l’intervento di Berna in loro favore.
L’intervento di Berna
Le ragazzine sono state condotte alla frontiera irachena, dove sono state prese in carico dalle autorità elvetiche che le hanno fatte salire su un volo per Ginevra. Il rimpatrio, indica in un tweet il Dipartimento federale degli esteri (Dfae)Link esterno, “è stato realizzato con il consenso della madre e del suo avvocato, nel quadro della decisione del Consiglio federaleLink esterno dell’8 marzo 2019 che permette, dopo accertamenti e nell’interesse del bambino, il ritorno dei minori”.
Nel mese di giugno, ha indicato alla Radiotelevisione svizzera RTSLink esterno Johannes Matyassy, segretario di Stato supplente del Dfae, “abbiamo organizzato un viaggio con i padri che hanno potuto incontrare le loro figlie alla frontiera irachena. Hanno così potuto costruire un rapporto di fiducia con loro”.
Primo caso di rimpatrio dalla Siria
In seguito, ha continuato il diplomatico, la maggiore delle due ha espresso il desiderio di tornare in Svizzera e “abbiamo discusso molto con la madre per convincerla a lasciar partire le bambine e alla fine ha dato il suo consenso”. Per concludere l’operazione, ha quindi precisato, non è stato necessario l’intervento di una forza militare, svizzera o straniera.
Le due bambine sono state accolte temporaneamente dai servizi ginevrini di protezione dell’infanzia, prima di essere affidate ai loro padri.
Si tratta del primo caso di rimpatrio di minori in Svizzera, le cui autorità erano state criticate lo scorso aprile da esperti dell’Onu proprio per questa vicenda, che a loro dire violava la convenzione internazionale contro la detenzione dei minorenni cui la Confederazione ha aderito.