Lo strano caso dell’attivista Noof al-Maadeed (scomparsa e riapparsa) e i timori delle donne del Qatar

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Dopo la scomparsa (e la riapparizione) di una giovane attivista femminista del Paese del Golfo, il dibattito sui diritti delle donne a pochi mesi dai Mondiali di Calcio.

La storia di Noof al-Maadeed – attivista femminista del Qatar scomparsa da ottobre fino a gennaio – è di quelle misteriose, simili ad altre vicende che vedono come protagoniste le donne negli Emirati e nella penisola arabica (qui il caso della principessa Latifa e di sua sorella e qui quello della principessa Haya)

Nota per il suo impegno per le donne, Noof al-Maadeed (23 anni) era fuggita dal regno del Golfo due anni fa, documentando sui social la sua fuga, affermando di essere in pericolo di vita. Aveva raccontato di essere riuscita a scappare rubando il cellulare di suo padre e di essere così riuscita a ottenere il permesso di viaggiare su un’app governativa, dato che le leggi sulla tutela del Qatar impediscono alle donne non sposate e minori di 25 anni di uscire dal Paese senza permesso dei genitori.

Dal Regno Unito faceva campagna denunciando gli abusi cui sono sottoposte le donne nel suo Paese e spiegando loro come fuggire. Poi era tornata in Qatar dopo aver ottenuto rassicurazioni dalle autorità sociali. Ma il 13 ottobre scorso aveva smesso di pubblicare i suoi aggiornamenti quotidiani su Twitter e Instagram. Pochi giorni prima ai suoi follower su Twitter aveva detto: se scompaio chiedete dove sono finita, perché potrei essere morta. Risultato, i suoi sostenitori, preoccupati, avevano iniziato a diffondere l’hashtag #whereisNoof, chiedendo conto della sua scomparsa.

I gruppi per i diritti umani avevano chiesto alle autorità del Qatar di mostrare prove di vita della ragazza. Un funzionario del Qatar aveva spiegato al Guardian come al-Maadeed fosse al sicuro e in buona salute. Ma non tutti avevano creduto a quella versione. «Se non posta sui social media significa che è morta. Agiamo su sua richiesta», aveva affermato Khalid Ibrahim, capo del Centro del Golfo per i diritti umani (Gchr), un’organizzazione con sede a Beirut che tiene traccia delle violazioni in Medio Oriente. «Se hanno le prove che è viva perché non le mostrano?». Il Gchr aveva anche affermato di aver ricevuto diverse segnalazioni secondo cui le autorità del Qatar avrebbero consegnato al-Maadeed alla sua famiglia il 13 ottobre.

Secondo quanto ricostruito dai suoi sostenitori e dalla Gchr, al-Maadeed aveva prima fatto domanda di asilo in Gran Bretagna e poi annullato la sua richiesta Prima di scomparire aveva twittato. «Lo sceicco Tamim è l’unico che può salvarmi, sono in pericolo», riferendosi all’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani. Poi in gennaio, pochi giorni fa, al-Maadeed è ricomparsa sui social solo per dire «sto bene, sono ok». In testa, un hijab nero, senza dire dove si trovasse. Solo una foto di palloncini e torte di compleanno – una delle quali diceva «Bentornata» a casa» – e un ringraziamento al ministro degli Affari sociali e della famiglia del Qatar, Mariam al-Misnad.

La vicenda ora sta facendo discutere le donne qatarine che si dicono preoccupate della loro sorte. Troppi i punti ancora non chiariti. Cosa è successo veramente alla giovane? Era davvero minacciata di morte? E chi la minacciava? Il padre, come lei stessa aveva raccontato? O qualcun altro infastidito dalla sua campagna. Il dibattito aumenta mentre cresce l’attenzione sui diritti umani nel Paese del Golfo, a pochi mesi dai Mondiali di calcio. La ricercatrice di Human Rights Watch Rothna Begum, tra mille difficoltà — trovare chi parli in Qatar non è affatto semplice — ha raccolto informazioni sulle condizioni delle donne nel Paese e ha spiegato come, di fatto, queste non abbiano diritti.Il sistema giuridico del Paese non è un unico insieme chiaro e articolato di regole, ma piuttosto un labirinto di leggi, politiche e pratiche che richiedono alle donne di ottenere il permesso di un tutore maschio per diverse attività tra cui: avere autorità sui propri figli, sposarsi, viaggiare all’estero, affittare appartamenti e lavorare in determinati luoghi . Le regole sono discriminatorie e alimentano la violenza domestica, conclude il rapporto di Begum, invitando le autorità del Qatar a modificare leggi, regole e pratiche dando alle donne uguale capacità giuridica rispetto agli uomini e ad emanare una legge contro la discriminazione di genere.

Corriere

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