Libia – Il governo di unità nazionale in Libia ha minacciato di citare in giudizio Amnesty International, sullo sfondo di un rapporto che accusa la milizia del suo “Servizio di supporto alla stabilizzazione” di aver commesso orribili violazioni contro migranti e rifugiati, che il governo considera “mancanza di professionalità e credibilità”.
La scorsa settimana, Amnesty International ha accusato questo gruppo armato che opera nella capitale, Tripoli, di aver commesso impunemente gravi crimini e violazioni dei diritti umani.
L’organizzazione internazionale ha inoltre ritenuto che “il radicamento dell’impunità in Libia ha incoraggiato le milizie dell’Organizzazione di sostegno alla stabilizzazione, finanziate dallo Stato, a commettere omicidi illegali, detenere arbitrariamente individui, bloccare le rotte di migranti e rifugiati e detenerli arbitrariamente in seguito, praticare la tortura e imporre il lavoro forzato, e così via, di orribili violazioni dei diritti umani e crimini secondo il diritto internazionale.
In risposta, il Ministero degli Affari Esteri del Governo di Unità Nazionale, in un comunicato odierno, ha smentito tutte queste accuse, e ha ritenuto che quanto affermato nel rapporto dell’organizzazione, dalla quale una delegazione ha visitato di recente la Libia, “è un prosecuzione del percorso di pregiudizio sistematico che prosegue da anni contro gli interessi dello Stato libico”.
Il ministero ha inoltre indicato che l’organizzazione “non ha condotto alcuna visita all’apparato di sostegno alla stabilità e non ha chiesto informazioni su eventuali violazioni o attività svolte prima di preparare il rapporto e durante la visita nel Paese”, aggiungendo che “l’organizzazione ha non ha fornito alcuna prova delle sue accuse e non ha chiesto informazioni al governo prima di scrivere il rapporto, e si è accontentato di riprendere le stesse accuse infondate e accuse libere senza fornire prove scientifiche o argomentazioni oggettive”.
Il ministero ha confermato che “il governo può adottare misure contro l’organizzazione, anche intentare azioni legali se i membri della delegazione che ha visitato la Libia e ha intrapreso un percorso diverso rispetto alla sua missione, non fossero autorizzati all’interno del territorio libico, a diffondere idee e convinzioni che incidono sull’ambiente sociale di sicurezza dello Stato libico, diffondendo il pensiero di ateismo e di omosessualità”.
In precedenza, il “Servizio di supporto alla stabilizzazione” guidato da “Ghaniwa al-Kikli” ha negato le accuse mosse contro di lui da Amnesty International, che ha accusato di diffamazione e ha affermato di avere un organismo di monitoraggio interno incaricato di prevenire “qualsiasi azione illegale da parte dei suoi membri .”
In una nota, ha sottolineato, che il rapporto “aveva richiesto all’organizzazione di rivolgersi prima della presentazione all’apparato di supporto alla stabilità e alle istituzioni ufficiali di sicurezza nello Stato libico per rispondere a qualsiasi richiesta o accusa”, sottolineando che “è molto desideroso di applicare in primo luogo la legge libica, che tiene conto degli standard di giustizia e diritti umani, opera nell’ambito delle istituzioni ufficiali dello Stato, per cui tutti coloro che vengono arrestati in base a verbali ufficiali di raccolta delle prove sono deferiti alla Procura secondo il legge espressa”.