In Libano prosegue il conteggio dei voti alle elezioni parlamentari, in attesa della comparsa della formazione definitiva per il parlamento composto da 128 membri.
I risultati preliminari hanno mostrato che le forze libanesi hanno vinto 20 seggi. Il Movimento Patriottico Libero ha vinto 16 seggi.
I primi risultati di oggi hanno mostrato che Hezbollah e i suoi alleati hanno subito una retrocessione e alcuni dei loro partner tradizionali non sono stati in grado di entrare nel Consiglio legislativo.
Il Ministro dell’Interno libanese Bassam Mawlawi ha dichiarato, in conferenza stampa, che l’affluenza alle urne all’interno del Paese nella giornata di domenica, è stata del 41%. Ha aggiunto che le autorità elettorali rilasceranno prossimamente il dato definitivo di partecipazione al voto includendo anche i libanesi residenti all’estero.
Il partito di Michel Aoun, perde la metà degli eletti e viene probabilmente superato da Samir Geagea e le sue Forze Libanesi. Ma a sorprendere tutti è il grande successo dei candidati della società civile che forse riescono per la prima volta nella storia del Libano post-bellico a fare eleggere un cristiano e un druso non alleati di Hezbollah nel suo emirato, il Sud del Libano con i deputati eletti riconducibili al movimento ottenendo una decina di deputati su 128.
Il calo significativo dei votanti anche nella base sciita del sud del Libano, roccaforte di Hezbollah, è stato il modo per esprimere un dissenso politico, in molti non sono andati a votare questa volta, sapendo che anche questo può pesare sulla qualità della vita di chi osa sfidare il partito-Stato del sud.
Aoun ha perso perché il suo settennato presidenziale si sta concludendo con la morte del Libano, cominciata con l’esplosione quasi atomica del porto, che ha fatto chiudere non solo lo scalo ma anche il principale quartiere cristiano. Sotto la sua presidenza però di quell’esplosione non si sa ancora nulla, i ministri di Hezbollah, suoi alleati, hanno fatto di tutto per sabotare l’inchiesta, il Paese è precipitato in un tracollo economico che ha portato la maggioranza dei libanesi sotto la soglia di povertà, i ceti medi, vero miracolo del Libano, emigrano per fame, le scuole cristiane chiudono, rimangono solo i traffici di armi e droga. Dunque il patriarca maronita, cardinale Bechara Rai, dopo aver tentato negli ultimi anni di far capire che l’attuale asse di governo stava portando il Libano a consunzione per tutelare una milizia khomeinista come Hezbollah che segue in tutta la regione un’agenda non libanese, ha vinto la sfida.
Ma il partito di Aoun ha perso soprattutto per la questione del porto e i reiterati tentativi di insabbiamento da parte dei suoi alleati davanti ai quali non ha saputo imporre la determinazione a difendere la ricerca della verità. Il suo settennato così è apparso finalizzato a garantire la successione presidenziale a suo genero, l’ex ministro degli esteri Gebran Bassil.
Nelle prossime ore sarà decisivo capire chi fuori dai vecchi partiti è stato eletto. Di loro si sa che portano una piccola rivoluzione sociale nelle montagne dei drusi, lo Shouf. Si tratta infatti di eletti che sono fuori dallo schema classico, quello tribale: qui abbiamo donne, docenti, intellettuali, che si affermano senza rifarsi alle grandi famiglie. Poi c’è il voto di Beirut che va ancora capito nel dettaglio.
In qualche modo il Libano ha dimostrato di non voler morire e se il papa andrà in Libano dopo l’estate saprà certamente che questi eletti della società civile sono i deputati con cui cercare un dialogo privilegiato per inventare un domani per il Libano.