Arabia Saudita, clima: il ministro degli Esteri Adel Jubeir, già ambasciatore negli Stati Uniti, è stato nominato lunedì 3o maggio primo inviato speciale per il clima del Regno. L’ambizione ora è attuare una conciliazione apparentemente impossibile: ridurre le emissioni di CO2 e insieme aumentare gradualmente la produzione giornaliera di petrolio.
Mesi fa Riad, che aveva partecipato al vertice internazionale di Glasgow, si era detta disposta a non emettere più carbonio entro il 2060. Ansamed fa però presente che “Il ministro dell’Energia saudita, Abdulaziz bin Salman, ha dichiarato all’inizio di maggio che il paese prevede di aumentare la sua capacità di produzione giornaliera di petrolio di oltre un milione di barili, per superare i 13 milioni di barili entro il 2027. E al recente vertice mondiale di Davos, il ministro dell’Economia saudita, Faysal ben Fadel Ibrahim, ha difeso la scelta di Riad: la riduzione delle emissioni e l’aumento di produzione di petrolio non sono in contrasto fra loro. ‘Ci concentriamo sia sulla sicurezza energetica sia sui cambiamenti climatici’.
Nella questione si inserisce anche la guerra in Ucraina. In questo periodo l’Arabia Saudita, la più grande esportatrice di petrolio al mondo, sta ottenendo dei vantaggi dall’innalzamento dei pressi del greggio. All’inizio del mese scorso, Riad ha annunciato che la crescita economica interna nel primo trimestre dell’anno era aumentata del 9,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ciò, hanno sottolineato le autorità locali, significa “il tasso di crescita più alto di questi ultimi dieci anni”. Parallelamente, la monarchia del Golfo non ha risposto agli Usa che volevano l’immediato aumento della produzione di petrolio per ridurre i prezzi, ma ha assicurato il rispetto degli accordi presi nell’ambito dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec+), di cui è a capo insieme alla Russia.