Patto “segreto” contro “tutte le nostre regole”, “saccheggio del Paese”: gli eletti della sinistra francese hanno denunciato domenica con forza i legami che univano il presidente Emmanuel Macron, allora ministro dell’Economia, e la società Uber, dopo le rivelazioni della stampa.
Nell’ambito di “Uber Files”, un’indagine basata su migliaia di documenti interni Uber inviati da una fonte anonima al quotidiano britannico The Guardian e inviati all’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e 42 media partner, Le Monde si è interessato ai legami tra la società americana ed Emmanuel Macron quando era Ministro dell’Economia (2014-2016).
Sulla base di varie testimonianze e documenti, inclusi numerosi scambi di SMS, Le Monde conclude che esisteva un “accordo” segreto tra Uber ed Emmanuel Macron a Bercy. Il quotidiano riporta incontri nell’ufficio del ministro, numerosi scambi (incontri, chiamate o sms) tra i team di Uber France ed Emmanuel Macron o suoi consiglieri, citando in particolare verbali di incontri scritti dal lobbista Mark McGann.
Vengono segnalate alcune pratiche volte ad aiutare Uber a consolidare le sue posizioni in Francia, come suggerire che la società presenti emendamenti “chiavi in mano” ai deputati.
Interpellata dall’Afp, la società Uber France ha confermato lo svolgimento di incontri con Emmanuel Macron: incontri che “spettavano alle sue responsabilità di Ministro dell’Economia e del Digitale a presidio del settore VTC”.
Uber France riconsidera anche la sospensione di Uber Pop, servizio attivo tra febbraio 2014 e luglio 2015 che consentiva agli utenti di entrare in contatto con veicoli i cui conducenti erano privati, non titolari di patente taxi o VTC. Questa sospensione “non è stata in alcun modo seguita da normative più favorevoli”, come suggerito nell’idea di un “accordo”, sottolinea Uber France.
“Tappeto rosso”
L’Eliseo ha detto all’AFP che Macron, in qualità di ministro dell’Economia, è stato “naturalmente portato a uno scambio con molte aziende coinvolte nel profondo cambiamento dei servizi avvenuto negli anni citati, che dovrebbe essere facilitato sciogliendo alcuni blocchi amministrativi o normativi ”.
Ma il boss dei deputati La France insoumise (LFI, sinistra radicale), Mathilde Panot, ha denunciato su Twitter un “saccheggio del Paese”, essendo stato secondo lei Emmanuel Macron sia “consigliere e ministro di François Hollande che lobbista per la multinazionale statunitense finalizzata alla deregolamentazione permanente del diritto del lavoro”.
Il numero uno del Partito Comunista (PCF) Fabien Roussel ha riferito di “dannose rivelazioni sul ruolo attivo svolto da Emmanuel Macron, allora ministro, per facilitare lo sviluppo di Uber in Francia”, “contro tutte le nostre regole, tutte le nostre conquiste sociali e contro diritti dei lavoratori”.
“Uber merita una piccola commissione parlamentare d’inchiesta”, secondo il deputato comunista Pierre Dharréville.
Dall’altra parte, anche Jordan Bardella, presidente del National Rally (RN, estrema destra), ha giudicato che “la carriera di Emmanuel Macron ha una coerenza, un filo rosso: servire gli interessi privati, spesso stranieri, prima degli interessi nazionali”.
Interrogato dall’AFP, l’ex deputato del Partito Socialista (PS) Thomas Thévenoud, che ha dato il proprio nome alla legge dell’ottobre 2014 che delimita più precisamente i rispettivi diritti e doveri dei taxi e delle auto da trasporto con conducente (VTC), ritiene che Emmanuel Macron “rimaneva un interlocutore privilegiato” di Uber.
Lo aveva conosciuto sull’argomento nella primavera del 2014 quando era vicesegretario generale dell’Eliseo. “Ha sempre voluto stendere il tappeto rosso a Uber“, ha detto.
L’ex parlamentare e di breve durata sottosegretario di Stato si interroga anche sul ruolo di Elisabeth Borne, che “conosce perfettamente questi argomenti”. Il capo del governo era ministro dei Trasporti all’epoca della legge sull’orientamento alla mobilità, poi ministro del Lavoro quando si promuoveva il dialogo sociale nel settore VTC – “senza concedere lo status di lavoratore dipendente agli autisti Uber”, sottolinea M. Thevenoud.