Curdi: l’invasione turca farà evadere i terroristi dello Stato islamico – In un’intervista rilasciata all’emittente britannica “Bbc”, il comandante delle Fds, Mazloum Abdi, ha affermato che le sue forze potrebbero essere costrette ad abbandonare i campi dei detenuti.
Se la Turchia avvierà una operazione di terra nel nord-est della Siria, le Forze democratiche siriane (le milizie curdo arabe alleate della Coalizione internazionale contro lo Stato islamico, Fds) non riusciranno a garantire il presidio dei centri di detenzione in cui sono rinchiusi i miliziani dello Stato islamico (Is), in particolare il campo di Al Hol, dove risiedono almeno 50 mila sfollati, tra cui le famiglie dei membri del gruppo terroristico. In un’intervista rilasciata all’emittente britannica “Bbc”, il comandante delle Fds, Mazloum Abdi, ha affermato che le sue forze potrebbero essere costrette ad abbandonare i campi dei detenuti dello Stato islamico se l’offensiva della Turchia si trasformerà in un’operazione terrestre. “L’operazione di terra porterà al ritorno dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico. Questo porterà a una seconda guerra civile in Siria e le nostre operazioni antiterrorismo contro l’Is si fermeranno. Come parte della coalizione internazionale, abbiamo combattuto e sconfitto l’Is e ciò che la Turchia sta facendo rovinerà tutto”.
Il generale Abdi ha avvertito che ulteriori attacchi turchi potrebbero influenzare direttamente la capacità delle sue forze di mantenere queste posizioni, affermando: “Le nostre forze saranno impegnate a proteggere la nostra gente e le nostre famiglie, e non saremo in grado di sorvegliare i campi”. Il comandante delle Fds ha aggiunto: “Le forze turche hanno preso di mira strutture e servizi civili, come centrali elettriche e impianti di produzione di petrolio. Ciò porterà a migrazioni di massa e sfollamenti interni”. Da otto anni “combattiamo con la comunità internazionale contro il terrorismo”, ha proseguito Abdi, “abbiamo combattuto insieme per sconfiggere l’Is, e ora gli attacchi dello Stato turco stanno minando tutto questo”.
Dallo scorso 19 novembre la Turchia ha avviato l’operazione “Spada ad artiglio” (Pence Kilic), con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha affermato chiaramente la volontà di lanciare un’operazione di terra dopo aver colpito con artiglieria e raid aerei le postazioni curde a Tel Rifaat, Manbij e Kobane. Ieri, due attacchi turchi hanno preso di mira le forze curde a guardia dell’esterno del campo di detenzione siriano di Al Hol in cui risiedono oltre 50.000 persone tra cui i familiari dei terroristi dello Stato islamico, molte dei quali avrebbero tentato la fuga. Secondo le Fds almeno 8 loro esponenti sono rimasti uccisi nel bombardamento.
La Turchia afferma che gli attacchi sono una risposta all’attentato avvenuto lo scorso 13 novembre a Istanbul e costato la vita a sei persone attribuito dalle autorità di Ankara al gruppo terroristico Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e a quello che secondo le autorità turche è il suo ramo siriano, ovvero le Unità di protezione dei popoli (Ypg), spina dorsale delle Fds alleate degli Stati Uniti. Nella sua operazione la Turchia ha colpito per la prima volta anche basi russe e statunitensi in cui risiedono esponenti delle Fds, ampliando il rischio di una spirale di tensione ancora più ampia. Il comandante delle Fds ha smentito in un comunicato stampa, diffuso lo scorso 23 novembre l’eventuale collegamento delle forze curde con l’attentato di Istanbul, invitando il governo siriano a “prendere posizione sulla minaccia turca”.
Ieri, secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una delegazione statunitense di alto livello ha incontrato i comandanti delle forze democratiche siriane nel nord-est della Siria per discutere dei recenti attacchi turchi alle aree di autogoverno. Gli Stati Uniti hanno chiesto “un arresto immediato dell’escalation” nel nord della Siria, secondo quanto ha affermato ieri in un briefing con i giornalisti il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price. “Siamo profondamente preoccupati per le recenti azioni militari che stanno destabilizzando la regione, mettendo in pericolo i civili e il personale statunitense”. Secondo informazioni diffuse dall’emittente panaraba “Al Arabiya”, più di undici organizzazioni internazionali e locali hanno sospeso il loro lavoro o ridotto il loro personale nel campo di Al Hol a causa dei raid turchi, tra queste organizzazioni Medici senza frontiere, Save the Children, Handy Cup e anche la Croce rossa internazionale.
Secondo l’editorialista del quotidiano turco “Hurriyet”, Abdulkadir Selvi, gli Stati Uniti avrebbero offerto alla Turchia, tramite il proprio ambasciatore ad Ankara, Jeff Flake, un ulteriore arretramento di circa 30 chilometri dal confine turco delle forze curde per evitare un’operazione di terra. La proposta sarebbe stata discussa da Flake durante un incontro con il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar. L’editorialista di “Hurriyet” ha anche affermato che la telefonata di ieri tra Akar e l’omologo russo, Sergej Shoigu, ha confermato la volontà di Ankara di dare il via ad una operazione di terra.