CAOS MAROCCHINI IN BELGIO/ “Enclave di violenti, segno di un’integrazione fallita”

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CAOS MAROCCHINI IN BELGIO/ “Enclave di violenti, segno di un’integrazione fallita” – Gravi incidenti a Bruxelles dopo la vittoria ai Mondiali di calcio del Marocco contro il Belgio. Ci sono gruppi di filo-jihadisti che non accettano l’integrazione

Intervista a Souad Sbai

Quella che doveva essere un’occasione di festa, la vittoria del Marocco contro il Belgio ai Mondiali di calcio in Qatar, la classica vittoria di “Davide contro Golia” come si dice in gergo, si è trasformata in caos violento. Centinaia di persone di origine marocchina a Bruxelles hanno causato pesanti incidenti, devastando il contesto urbano e sfidando le forze dell’ordine, che naturalmente sono intervenute facendo ricorso a idranti e lacrimogeni per disperdere la folla, almeno 150 persone.

Secondo la polizia, ancora prima della partita si notavano in giro gruppi di molestatori pronti a intervenire. Questo fa capire che gli incidenti sarebbero avvenuti a prescindere dal risultato e sono la spia di un malessere che è presente nella società belga, quello di una mancata integrazione, “perché rifiutata da loro stessi, dai nordafricani presenti in Belgio da almeno tre o quattro generazioni, quindi cittadini belgi a tutti gli effetti”, come ci ha detto in questa intervista Souad Sbaioriginaria del Marocco, ex deputata, giornalista e attivista in favore delle donne islamiche.

Un episodio, questo, che ci riporta ai giorni terribili degli attentati di Parigi, quando uno dei terroristi venne arrestato nel quartiere di Molenbeek-Saint Jean della capitale belga, considerato il bastione del jihadismo europeo.

Incidenti e scontri a Bruxelles dopo la vittoria del Marocco sul Belgio causati da immigrati marocchini. Come giudica questo episodio sconcertante?

Quelli che hanno provocato gli incidenti non si possono definire né marocchini né belgi. È gente che vive aspettando la prima occasione buona per scendere in strada e causare violenze, danneggiando il Marocco stesso e anche il Paese che li ospita.

Questo ci dice di una integrazione fallita?

Sì, sono persone inserite in una mentalità distruttiva, sfogano le loro frustrazioni con l’odio per qualunque esempio di convivenza. In Marocco la gente è scesa in strada per festeggiare, non per provocare incidenti, è successo anche in Francia e in Italia. A Bruxelles hanno colto l’occasione per creare disagio, distogliere dalla bellezza di quell’evento sportivo che doveva unire per creare invece nuova divisione. Se verranno condotte indagini approfondite, risulterà, ne sono certa, che queste persone provenivano dal quartiere di Molenbeek, che è un vero stato islamico nello Stato democratico. Belgio e Marocco non hanno alcun problema politico, il problema sono queste persone.

Eppure ai tempi delle stragi di Parigi, quando si scoprì che uno dei terroristi proveniva da quel quartiere e venne arrestato tra quelle case, l’allora ministro degli Interni belga promise che avrebbe “ripulito” quella zona. Non è cambiato niente?

No, anzi è peggiorata la situazione.

Quindi quella integrazione che chiedono anche i musulmani non è riuscita?

No, ci sono periferie dove di integrazione non ne vogliono sapere. Anzi, quel pensiero radicale e violento è cresciuto. Quanto successo dopo la partita è il segnale di una presenza di gruppi che vogliono destabilizzare, come successo al capodanno di Milano. Piccoli gruppi che agiscono coordinati per creare paura. Naturalmente non tutti i marocchini sono così: dopo gli incidenti di Bruxelles la maggioranza ha denunciato quanto è successo, si sono sentiti umiliati.

Quale è l’obiettivo di questi gruppi violenti?

Creare un clima di paura, come quando si vive durante un golpe. In Belgio le autorità hanno detto ai cittadini di non uscire di casa. Al prossimo capodanno all’aperto la gente, le donne, avranno paura di partecipare.

Il commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, ha commentato che “il calcio fa da detonatore”. Dobbiamo aspettarci altri episodi analoghi?

Sarà sempre peggio se non si cambia l’atteggiamento da parte delle autorità. Queste persone usano social come TikTok per mettersi d’accordo, parlano un’altra lingua, usano dei codici. Bisogna fare un censimento, identificare i violenti, arrestarli e mandarli via dall’Europa. Hanno nutrito un’odio senza fine per le nostre democrazie e per il loro stesso Paese. Il commissario Gentiloni dovrebbe farsi un giro in questi quartieri, invece di finanziare gruppi e associazioni che sostengono l’uso del velo per le donne islamiche, quando in Iran le donne muoiono per poter togliere questi simboli di oppressione.

IlSussidiario

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