Iran: la vincitrice del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi condannata a un altro anno di carcere

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Narges Mohammadi - premio nobel pace

Iran: la vincitrice del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi condannata a un altro anno di carcere –  Insignita del prestigioso premio nel 2023 mentre era detenuta, l’attivista iraniana è stata accusata di “propaganda contro lo Stato”. Deve scontare altri 16 anni di carcere per la sua battaglia contro il velo obbligatorio e la pena di morte.

Un anno aggiuntivo di carcere per Narges Mohammadi. L’attivista iraniana per i diritti delle donne vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023, già da anni in carcere nella Repubblica islamica dell’Iran, è stata condannata a un altro anno di detenzione con l’accusa di “propaganda contro lo Stato”.

Ad annunciare la notizia che ha fatto subito il giro del mondo, il suo avvocato su X. Nili ha spiegato che la sua assistita è stata processata per diversi reati recenti: primo fra tutti per “aver commentato il caso di Dina Ghalibaf, una giornalista e studentessa iraniana che sui social aveva accusato la polizia iraniana di violenza sessuale dopo esser stata fermata in una stazione della metropolitana a Teheran. Un caso simile e più tragico riguardò una delle giovanissime eroine della protesta del velo Nika Shakarami, sequestrata, abusata e infine morta in circostanze drammatiche dopo che i pasdaran l’avevano prelevata con la forza da una manifestazione.

Cinquantadue anni, in carcere dal novembre 2021, da 25 anni l’attivista entra ed esce dalla prigione di Evin dove deve scontare complessivamente 16 anni. Secondo la legge islamica la sua condanna comprende 154 frustate, l’esilio e quattro mesi di pulizia delle strade. Si è perso il conto dei processi a suo carico, l’ultimo avvenuto a dicembre scorso.

Strenua oppositrice del regime, Mohammadi è nota soprattutto per la sua campagna contro il velo obbligatorio per le donne e per il suo impegno contro la pena di morte ancora in vigore nel Paese guidato dagli ayatollah. La sua ultima battaglia fuori dal carcere è stata contro la tortura bianca, quella che colpisce la sfera psicologica del detenuto. Nel 2022, durante una breve licenza, pubblicò il libro “White Torture” in cui racconta gli oltre due mesi in isolamento nella sezione 209 del famigerato carcere iraniano.

Insignita del premio Nobel per la Pace nel 2023 mentre era detenuta, l’8 giugno scorso Mohammadi si è rifiutata di partecipare ad un nuovo processo dopo aver chiesto senza successo che fosse aperto al pubblico, cosa rara per Teheran accusata spesso di condurre processi sommari a porte chiuse.

Il tribunale ha accusato Mohammadi per alcuni fatti risalenti a marzo scorso, quando durante le ultime elezioni presidenziali seguite alla tragica morte del presidente Ebrahim Raisi avvenuta in un incidente d’elicottero, l’attivista “ha boicottato le elezioni parlamentari” diffondendo un messaggio audio dal carcere in cui denunciava una “guerra su larga scala contro le donne” nella Repubblica islamica iraniana e ”inviando una lettera ai Parlamenti di Svezia e Norvegia”, paesi in cui sono rifugiati migliaia di iraniani della diaspora.

Le sue condizioni di salute in carcere non sono buone denunciano i suoi sostenitori tra cui c’è il marito Taghi Rahmani dissidente dell’ala riformista esule a Parigi insieme ai loro due figli gemelli.

Rainews

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