Tagikistan mette al bando lo hijab: è estraneo alla cultura nazionale – Promulgate anche leggi sulla regolamentazione delle cerimonie, la responsabilità per l’educazione dei bambini e le “stravaganze nello svolgimento di celebrazioni”.
Il presidente del Tagikistan, Emomali Rahmon, ha promulgato ieri due leggi volte a “tutelare i valori originari della cultura nazionale”, che prevedono, tra l’altro, la messa al bando di “abiti estranei alla cultura tagika”, una definizione usata nel Paese per descrivere indumenti come l’hijab, il velo islamico. Tra le 35 leggi promulgate ieri, spiega la presidenza tagika, ci sono quelle “Sulla regolamentazione delle celebrazioni e delle cerimonie” e “Sulla responsabilità per l’educazione dei bambini”, “adottate in una nuova versione, con l’obiettivo di tutelare i valori originari della cultura nazionale, prevenendo superstizioni e pregiudizi, eccessi e stravaganze nello svolgimento di celebrazioni e cerimonie” e tutelando i diritti dei minori. Le due leggi sono state approvate il giorno precedente, 19 giugno, dall’Assemblea nazionale – la camera alta del parlamento dopo l’approvazione di quella bassa, l’Assemblea dei rappresentanti, lo scorso 8 maggio. Vengono presi di mira l’hijab e altri capi di abbigliamento che si sono diffusi negli ultimi anni nel Paese dell’Asia centrale, a maggioranza musulmana, e che vengono associati a un Islam radicale, come riferisce “Radio Ozodi”. La questione era da tempo oggetto di dibattito politico. Il presidente Rahmon ha discusso l’argomento in incontri con rappresentanti del clero. “Indossare abiti stranieri con nomi falsi e hijab è un altro problema urgente per la nostra società”, ha affermato a marzo il leader di Dushanbe.
Il divieto riguarda “l’importazione, la vendita, la promozione e l’uso di indumenti estranei alla cultura nazionale”. Inoltre, è stata vietata la celebrazione da parte dei bambini dell’Idgardak, un’usanza associata alle festività di Id-al-fitr e Id-al-adha: in quelle occasioni i bambini girano per le strade e vanno di porta in porta per scambiare auguri. L’usanza, spiega “Asia Plus”, è stata ritenuta pericolosa e diseducativa. Anche per il Consiglio degli ulema, comunque, non ha valore giuridico e religioso, non essendo menzionata negli insegnamenti (“hadith”) di Maometto.
Per i trasgressori sono previste multe, che partono da 7.920 somoni (quasi 700 euro) per le persone fisiche per arrivare a 57.600 (circa 5.000 euro) per i funzionari pubblici e le autorità religiose. L’uso dell’hijiab, così come quello delle barbe folte, tuttavia, era già fortemente scoraggiato da tempo, quasi soggetto a un divieto ufficioso. Nel 2007, il ministero dell’Istruzione ha vietato agli studenti sia l’abbigliamento islamico che le minigonne in stile occidentale e successivamente ha esteso il divieto a tutte le istituzioni pubbliche. Nel 2018 è stato pubblicato un voluminoso manuale, “La guida degli abiti consigliati in Tagikistan”, per descrivere dettagliatamente l’abbigliamento appropriato alle varie occasioni.