Le manifestazioni oceaniche, guidate in larga parte dai più giovani, hanno finito per travolgere il primo ministro bulgaro Rosen Zhelyazkov, costretto ad annunciare le dimissioni insieme al suo esecutivo.
La crisi politica arriva a poche settimane dall’ingresso della Bulgaria nell’euro, previsto per inizio 2026. Il paese diventerà così il 21esimo membro dell’area della moneta unica. Le proteste, nate contro alcune misure della bozza di Bilancio 2026, si sono trasformate in manifestazioni di massa contro la corruzione e l’abuso di potere.
Nonostante il governo avesse superato sei mozioni di sfiducia, la pressione popolare ha portato alle dimissioni dell’esecutivo.
Il presidente Roumen Radev consulterà ora i gruppi parlamentari e in caso i negoziati non portino alla formazione di un’alleanza, verrà nominato un governo ad interim e indette nuove elezioni entro due mesi.
A Sofia decine di migliaia di persone sono scese in piazza, trasformando le vie del centro in un fiume di bandiere, cartelli contro “la mafia al potere” e slogan che invocavano le dimissioni del governo. In prima linea c’è la Generazione Z, che ha organizzato sit-in, cortei e flash mob contro l’aumento della pressione fiscale e contro un sistema politico percepito come immobile e clientelare. I giovani hanno proiettato sulle facciate dei palazzi istituzionali parole come “Dimissioni” e “Mafia”, trasformando la protesta in un potente gesto simbolico contro le élite al potere.
Nonostante l’annuncio delle dimissioni, le proteste non si sono spente del tutto e molti manifestanti chiedono una rottura profonda con le pratiche del passato, invocando elezioni pulite e riforme strutturali contro la corruzione. La Bulgaria si trova ora sospesa tra la fine di un ciclo politico e l’incognita del prossimo governo, mentre le istituzioni cercano una soluzione che rassicuri sia la piazza sia i partner europei
