Con i ballottaggi di oggi e domani si conclude la più squallida tornata elettorale che la storia repubblicana ricordi. Con un crescendo rossiniano negli ultimi 15 giorni se ne sono viste di tutti i colori.
Ma poca democrazia. Come succede da 50 anni – nel momento cruciale della campagna elettorale – la sinistra ha tirato fuori il solito diversivo per distogliere l’attenzione dai problemi veri, screditare la destra e nascondere il malessere degli italiani. Pd, 5S e Leu hanno deciso – approfittando dell’assalto di Forza Nuova alla Cgil (le violenze di Milano, a opera di centro sociali e autonomi, nello stesso giorno, però, nessuno le ha viste) – di presentare in Parlamento una mozione (in aula, mercoledì prossimo) per lo scioglimento di Forza Nuova e l’ex ministro e vicesegretario Pd, Provenzano, ha proposto il ritorno all’anacronistico “arco (in)costituzionale” degli anni ’70.
Purtroppo, a lorsignori non basta che la Meloni ribadisca l’assenza di nostalgismi fascisti in Fd’I, si scagli contro la violenza ed esprima solidarietà a Cgil e Landini. Ma non intende “beatificare” l’antifascismo, e quindi, secondo il numero 2 del Pd, è fuori dall’”arco (anti)democratico e repubblicano”. Di più, la Cgil ha deciso di “allietare” il sabato pre ballottaggio con una manifestazione (e il silenzio elettorale?) pomeridiana contro il fascismo.
E sulla scia degli odi fomentati dalla trita, ritrita e surreale dicotomia: fascismo-antifascismo, è tornata la “stella a cinque punte” delle “brigate rosse”.
Ha vandalizzato il comitato elettorale di Michetti, gli ha dato del fascista ricordandogli “Piazzale Loreto”, ma i big del Pd e Gualtieri hanno espresso solidarietà, ma non si sono accorti né dell’accusa, né della matrice.
Ma mentre sinistra e 5S continuano a gingillarsi con l’inesistente (per ammissione dello stesso Mattarella), pericolo fascista, tasse, bollette e prezzi – anche dei beni di prima necessità – aumentano ma non se ne sono accorti. Anzi, in nome del Covid e in cambio delle risorse Recovery, hanno ulteriormente indebitato gli italiani con l’Ue, impegnandosi a mettere a punto, entro fine anno, un bel po’ di riforme: fisco, lavoro, cig, semplificazioni.
Il che – incrociandosi con la sessione di bilancio per l’approvazione della finanziaria entro il 31 dicembre; la delega fiscale, concorrenza, pensioni, ammortizzatori sociali, decreti da convertire in legge e attuativi per rendere operative le norme già approvate – ha infilato il Parlamento in un imbuto dal quale non sarà facile uscire.
E il Sud continua ad essere tempestato di miliardi (ovviamente da “recovery”) ma in concreto non riesce a vedere un centesimo. Tant’è che per risparmiare hanno deciso che la Salerno – Reggio Calabria, non sarà tutta ad alta velocità.
Gli italiani, però, hanno chiaro che niente è cambiato e tutto è come prima: il debito pubblico 2.734 miliardi ha battuto un altro record; per il reddito di cittadinanza, hanno “rubato” 90 milioni a quello di emergenza, 30 all’accesso anticipato al pensionamento per lavori faticosi e pesanti, 40 a quello dei lavoratori precoci e 30 ai congedi parentali.
E, oltre al milione di posti di lavoro già persi, la disoccupazione, secondo l’Fmi, crescerà al 10,3% (2021) e all’11,6% (2022). Numeri al netto dell’imposizione del “Green pass” – senza il quale, per lavorare, bisognerà “tamponarsi” ogni 48 ore, a spese proprie, con sconto, o delle imprese in conto credito d’imposta – in vigore dall’altro ieri. Sull’adozione del documento verde SuperMario non ha voluto sentire ragioni.
Rischiando però, di mandare in tilt il Paese: porti bloccati, camionisti fermi – quelli italiani, perché se stranieri possono circolare – ferrovie e industrie nel caos, posti di lavoro a rischio e proteste pacifiche in tutta Italia. Rischiano, però, di essere le ultime. Si sta, infatti, valutando l’opportunità di vietare le manifestazioni contro il “Green pass”.
Peserà tutto questo sui ballottaggi? Di certo farà crescere ulteriormente il, già rilevante, assenteismo nei ballottaggi.
E comunque vada, chiunque vinca, avrà perso la democrazia. Non è un caso se i media occidentali parlano di svolta autoritaria.