Catasto – Il Presidente del Consiglio Draghi, nella recente conferenza stampa di presentazione dei contenuti della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, ha pronunciato le parole “riforma del catasto” che terrorizzano i proprietari di case, i quali, come si sa, sono la maggior parte degli italiani.
Il Premier, però, ha affermato anche che “con la riforma del catasto non si pagherà né più né meno che prima, ma si rivedono le rendite per come sono state fissate”. Insomma cambiare tutto per non cambiare nulla di gattopardiana memoria? Difficile vedere il grande finanziere come un novello Tomasi di Lampedusa, egli ha le idee ben chiare e qualcosa sono certo potrebbe cambiare.
In questo momento storico sinceramente mi sembra, quanto meno, inopportuno dare ulteriori preoccupazioni agli italiani, sia pur addolcite da una rassicurazione che qualche dubbio fa sorgere.
Speriamo che sia proprio così e che la riforma sia principalmente mirata a far emergere i famosi immobili fantasma sconosciuti al fisco, sulla qual cosa saremmo tutti d’accordo, ma, ripeto, sono piuttosto scettico.
Il passaggio epocale da vani a metri quadrati per la valutazione degli immobili dovrà essere effettuata con grande attenzione e con modalità tali da non gravare di maggiori imposte i bilanci familiari, già fortemente colpiti dalla pandemia. La riforma del Catasto, poi, non potrebbe che essere inserita in una più generale riforma fiscale, più giusta e che non penalizzi le proprietà immobiliari che sono in gran parte frutto del risparmio dei cittadini.
L’operazione dovrebbe essere fatta con estrema trasparenza e facendo ben capire a tutti i complessivi carichi e costi. Un Taeg (tasso annuale effettivo globale) delle tasse sarebbe realmente una rivoluzione di trasparenza, così come proposto da Angelo Deiana, Presidente di Confassociazioni, che nel suo libro “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici” suggerisce l’opportunità di “costruire un Taeg, un indice sintetico di costo delle tasse rispetto al reddito e al patrimonio per far capire a tutti in modo semplice e chiaro come cambiano ad ogni provvedimento le tasse a livello nazionale, regionale e comunale”. Con tale banale dato i cittadini potrebbero valutare l’effettiva incidenza sulle loro tasche di ogni intervento governativo o legislativo, ponendo l’Esecutivo ed il Parlamento avanti alle loro responsabilità politiche.
Ma quali potrebbero essere le linee guida di una riforma fiscale efficace che sia equa e possa stanare realmente l’evasione, grande piaga del nostro Paese?
Suggerirei di introdurre una Flat Tax che si basi sull’attenuazione della progressività ridotta a due aliquote tra il 23 ed il 33% ( o al massimo a tre aliquote tra il 20% ed il 30%) al fine di eliminare l’evasione e soprattutto di stimolare la crescita del PIL; di introdurre, per quanto concerne la pressione tributaria sulle imprese, la previsione di un’aliquota, prossima al 30%, di tassazione unificata sia per quelle individuali, sia per quelle societarie, consentendo la detassazione integrale degli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo; di ampliare gli attuali limiti, invero assai angusti, di deducibilità dal reddito imponibile delle somme destinate a forme di risparmio previdenziale; di introdurre una generalizzata detraibilità, con aliquote tali da garantire il rispetto del principio di progressività del sistema tributario sancito dall’art. 53 della Costituzione, delle spese effettuate dai contribuenti, in modo da rendere il prelievo commisurato alle effettive disponibilità del singolo contribuente e combattere realmente l’evasione; di attuare il riequilibrio della imposizione delle famiglie attraverso l’introduzione del quoziente famigliare; di attuare una sorta di patto di solidarietà tra generazioni, vincolando a favore di forme di avvio dei giovani al mondo del lavoro il gettito della imposizione su strumenti e prodotti finanziari (detenuti in buona parte dalle generazioni di età più avanzata), il cui livello verrebbe stabilito proprio in funzione di tale esigenza;di diminuire l’aliquota IVA ordinaria, in misura tale da rendere l’Italia competitiva (almeno) con i Paesi UE dell’area mediterranea; di tagliare in modo conseguente (e coerente) gli altri tributi indiretti aventi per i consumatori effetti analoghi all’IVA (ad esempio, le imposte sui premi assicurativi contribuiscono ad accrescerne l’onerosità).
Mi sono certamente fatto prendere la mano, ma un’equa riforma del fisco, che non implichi maggiori oneri sui soliti noti che pagano, appare quanto mai opportuna e dovrebbe scaturire da un approfondito dibattito parlamentare, il che, nell’attuale situazione politica, dove i partiti di governo appaiono appiattiti sul premier e l’opposizione, sia pur attiva e propositiva, ha un numero esiguo di componenti nelle assemblee legislative, mi sembra molto difficile.
Di Antonfrancesco Venturini