Gasparri, Gramellini e il Conte di Cavour –
di Salvatore Sfrecola
Convinto di aver preso in castagna il senatore Gasparri, per un errore di data relativo alla guerra di Crimea, combattuta dal Regno di Sardegna contro l’Impero russo insieme all’Impero Ottomano alla Francia e all’Inghilterra, Massimo Gramellini non si è limitato a ricordare che quel conflitto si era svolto ben prima del 1861-1863, come aveva sostenuto il senatore di Forza Italia. Infatti, la guerra ricordata come “di Crimea” per essersi svolti in quella penisola alcuni tra i più significativi combattimenti che avevano coinvolto i bersaglieri piemontesi, tanto che esiste un cimitero militare italiano a Sebastopoli, iniziata il 4 ottobre 1853 si concluse il 1° febbraio 1856.
Tuttavia, se Gasparri ha sbagliato le date, continua Gramellini, “ha poi saputo spiegare la ragione che spinse Cavour a partecipare a una guerra in cui non aveva niente da guadagnare, se non il fondamentale ingresso nel salotto buono d’Europa”. Per concludere che Gasparri “qualche libro lo ha letto davvero”.
Ma anche Gramellini con questo giudizio dimostra di non essere andato molto al di là del sussidiario delle elementari dei suoi tempi, quando quella del desiderio di sedere al tavolo delle potenze europee era ritenuto l’interesse preminente, se non esclusivo, dello statista piemontese. Infatti a guerra finita Cavour partecipò in rappresentanza del Regno di Sardegna al Congresso di pace di Parigi (1856).
In realtà, così facciamo giustizia per tutti, il Conte di Cavour, nel discorso con il quale il 6 febbraio 1855 spiegò al Parlamento subalpino le ragioni della partecipazione del Regno di Sardegna alla guerra contro la Russia, dice una cosa molto importante, che dimostra ancora una volta la sua straordinaria capacità di leggere le vicende della politica, interna ed internazionale, in una prospettiva di lungo periodo: “noi non abbiamo avuto molte difficoltà a convincerci che la Sardegna era altamente interessata allo scopo della presente guerra. Difatti, o signori, se la presente guerra avesse esito felice per la Russia, se avesse per conseguenza di condurre le aquile vittoriose dello czar in Costantinopoli, evidentemente la Russia acquisterebbe un predominio assoluto sul Mediterraneo, ed una preponderanza irresistibile nei consigli d’Europa”.
“Ebbene, signori, sia l’una che l’altra conseguenza non possono a meno che riputarsi altamente fatali agli interessi del Piemonte e dell’Italia. Infatti, quando la Russia fosse padrona di Costantinopoli, lo sarebbe altresì del Mediterraneo, poiché diventerebbe dominatrice assoluta del più gran mare realmente mediterraneo che esista sul globo, cioè del mar Nero…. Ma assai più degli interessi materiali, gli interessi morali sarebbero compromessi dal trionfo della Russia; quando essa venisse ad acquistare irresistibile influenza nei Consigli europei, è mia opinione che il nostro paese, e le nostre istituzioni, la nostra nazionalità correrebbero gravissimo pericolo”.
Molto più che l’“ingresso nel salotto buono d’Europa”, nel discorso del Presidente del Consiglio c’è una visione strategica degli interessi “del Piemonte e dell’Italia”, unite, come sempre, nel pensiero di Cavour, un dato che può ignorare solo chi conosce poco gli scritti e i discorsi di questo straordinario uomo politico, “il più grande statista di tutti i tempi”, per dirla con lo storico inglese George Macaulay Trevelian. Tanto grande da delineare uno scenario attuale dopo quasi 170 anni, con la Russia, non più zarista, ma guidata da uno spirito di potenza che invia le sue navi da guerra nel Mediterraneo, dimostrando di ricercare una presenza per l’Italia preoccupante (si pensi all’influenza che Mosca ha oggi in Libia) in un contesto geopolitico molto lontano dai confini nazionali.