MONFALCONE: UN ESPERIMENTO ETNICO? – Chi ha visto i video sulla questione immigratoria – e specificamente islamica – a Monfalcone è rimasto sconcertato.
In una cittadina di 25.000 abitanti circa, 9.000 risultano stranieri, con pesanti ricadute negative sulla sua identità culturale, sull’attrazione turistica, sull’aspetto urbanistico e sulla vivibilità in generale. Tutti questi effetti vengono naturalmente negati da quella sinistra accogliente e disfattista che, nella voluta ignoranza e nella sua storica difficoltà a vedere la realtà e ad ammettere qualsiasi colpa, trova giustificazioni retoriche, quando non farsesche, per motivare questo terzo di presenza allogena. L’unico tragicomico e grottesco aneddoto è quello legato alla dichiarazione di un evidentemente ex comunista che ha parlato di colonizzazione e del fatto di non sentirsi padrone a casa propria. E bravo compagno! che conferma il dato ben noto che ogni posto va bene per sistemare questa gente, ma non nelle località dei radical chic o nei quartieri alti della borghesia progressista.
Ma a parte queste spigolature di cronaca, ciò che risulta inquietante sono le trasformazioni comportamentali e ambientali che lentamente si stanno verificando, come ad esempio le
sempre più numerose donne con il niqab, la proliferazione di attività commerciali e luoghi di ristoro bangladesi, la presenza di due rappresenti in consiglio comunale equamente
distribuiti a destra e a sinistra.
Questi stranieri si vestono nei loro negozi, fanno la spesa nei loro magazzini, mangiano nei loro ristoranti, molti spediscono denaro al loro paese, per cui non incidono positivamente
sull’economia locale. In più, come sembra emergere da un’inchiesta, oltre 2.000 lavoratori risulterebbero pure sfruttanti.
Il Sindaco Anna Cisint parla di ridiscutere con Fincantieri il modello produttivo e di incentivare il controllo sugli alloggi, assieme al Ministro Piantedosi. Una buona azione, quasi
commovente, ma fallita in partenza.
Innanzitutto, l’immigrazione è un problema gestito da precise organizzazioni criminali poco interessate a piccole questioni da legulei, in più è favorita dal capitalismo cosmopolita che
utilizza i nuovi schiavi per diminuire le paghe e aumentare i ricavi.
Poi, la volontà di questo traffico è esplicitata da un documento dell’ONU del 2000 che parla di Replacement Migration, una definizione edulcorata per non dire sostituzione etnica o
invasione allogena.
Ancora, si continua a parlare di integrazione – notoriamente fallita, e Monfalcone lo dimostra – mentre un esponente islamico afferma che tra pochi anni ci sarà una
maggioranza di cittadini islamici. Chiaro il concetto?
Il problema che Monfalcone vive, come l’Italia e come l’Europa, è essenzialmente politico, e tutti gli interventi di carattere amministrativo o di ordine pubblico sono analgesici per una
malattia allo stadio avanzato.
Le affermazioni degli esponenti islamisti e i loro comportamenti ricalcano nel piccolo un progetto di portata internazionale: occupare lentamente i centri nevralgici delle decisioni
politiche per poi sostituirsi ad esse secondo i loro principi. L’esempio del Denk in Olanda o la legalizzazione della sharia e le Corti Islamiche in Inghilterra non smuovono le istituzioni
cieche, sorde, ignoranti e in malafede. E intanto la nostra civiltà viene lentamente avvelenata dai tenutari di ogni segno e coloro, mentre la viltà dilaga.