Nato e Comitato Atlantico Italiano, non solo difesa – La fine della Guerra Fredda e la caduta del muro di Berlino avevano in qualche modo relegato la Nato ad un ruolo marginale nella geopolitica mondiale, geopolitica completamente stravolta dalla guerra in Ucraina al centro dell’Europa ed ai confini dei Paesi aderenti al patto atlantico.
Tale nuova situazione ha messo alla prova la capacità di adattamento dell’organizzazione, che non sta deludendo ed i risultati del summit di Vilnius lo hanno dimostrato.
Certo è stata più volte sottolineata la, scontata, volontà di difendere ogni singolo centimetro del territorio dei Paesi aderenti, ma la sensazione che si respirava era quella della necessità di assicurare la sopravvivenza della democrazia liberale nel mondo, minacciata da autocrazie sempre più potenti ed imperanti.
L’allargamento dei Paesi aderenti è ormai un processo inarrestabile, a Vilnius si è ottenuto il via libera anche della Turchia all’ingresso della Svezia, che dopo la Finlandia, ha reso sempre più stretto il rapporto con i membri dell’UE, che, a questo punto, sono 23 su 27, con il 96,5% della popolazione, protetti dal patto atlantico.
Più difficoltosa appare l’adesione dell’Ucraina e su ciò Zelensky non ha nascosto un certo disappunto, sia pur correggendo dopo il tiro.
Certamente condivisibile è stata la posizione del Segretario Generale Stoltenberg, che è stato molto chiaro nell’affermare che l’adesione dell’Ucraina non potrà avvenire che a guerra finita, il che, però, potrebbe indurre Putin a procrastinare il conflitto, ma delle chiare aperture sono state fatte come l’eliminazione del requisito del Map (Membership Action Plan), l’istituzione del Nato-Ukraine Council, la collaborazione tra le forze armate ucraine e quelle della Nato.
Il ruolo dell’Alleanza, poi, è apparso evidentemente di carattere mondiale, come hanno dimostrato la presenza a Vilnius di delegazioni giapponesi, australiane, neo zelandesi e della Corea del Sud.
L’interesse, soprattutto degli Stati Uniti, di tenere a bada la Cina, principale competitor, più che la Russia, a livello globale è indubitabile.
Deludente, invece, è stata la scarsa attenzione verso il fronte sud e mediterraneo, che interessava particolarmente il nostro Paese.
Appare evidente che, ormai, il ruolo della Nato non può e non deve essere solo difesa, ma è necessario che venga esaltata la suavocazione politica, come è stato ampiamente dibattuto in un recente incontro in Senato organizzato dal Comitato Atlantico Italiano, con una partecipazione basata non solo su limiti geografici, ma che rappresenti l’Occidente valoriale, che possa unire quei Paesi, dal Nord America, all’Europa, dall’Oceania,all’Asia fino alla stessa Africa ( che non può essere abbandonatanelle mani del neo colonialismo cinese e russo), che abbiano a cuore la moderna cultura democratica e liberale.
Si tratta, quindi, di affiancare alle originarie attività militari, anche azioni politiche e culturali, particolarmente efficaci nei rapporti internazionali, non limitati ad accordi bilaterali, ma con una cabina di regia ben più ampia. Così come fondamentale è un’azione culturale che coinvolga anche i singoli cittadini, che devono essere informati e coscienti dell’importanza di una difesa comune dei territori e dei valori.
Per tale ultimo aspetto confido in una sempre più incisiva azione nei vari Paesi del Comitati Atlantici, come quello italiano, che ha una lunga storia di oltre 65 anni durante i quali ha svolto attività di analisi, studio, formazione e informazione sui temi di politica estera, sicurezza e difesa, relativi all’Alleanza Atlantica , volte a promuovere il ruolo dell’Italia nella NATO.
In un mondo sempre più interconnesso il raccordo tra le attività dell’Alleanza Atlantica e la società civile, assicurato dai Comitati Atlantici nazionali, riveste un ruolo non di semplice informazione e formazione, ma strategico di cui ritengo non si possa fare a meno.