UE: TREMA L’ITALIA, “IL VENTRE MOLLE DELL’AREA SCHENGEN” – Non se ne parla molto in televisione e tanto meno sui giornali. Eppure in queste settimane molti Paesi europei stanno rimettendo in discussione uno dei capisaldi dell’Unione Europea: la libera circolazione dei cittadini all’interno della UE.
Questo non sta avvenendo per caso, ma è la conseguenza diretta del vile attentato di Bruxelles, dove un terrorista islamico ha ucciso con un AK47 due cittadini svedesi. Questo episodio, semmai, rafforza e conferma ulteriormente il problema che sta covando da molto tempo nelle stanze di Bruxelles, dove si tengono i meeting con la partecipazione “restricted” solo degli “addetti ai lavori” e dove i Paesi del Nord Europa come Danimarca, Svezia, ma anche Repubblica Ceca, stanno chiedendo di chiudere i confini interni. Questo succede a causa dell’ondata migratoria che sta travolgendo soprattutto il nostro Paese, perché l’Italia rappresenta, con la sua incredibile tolleranza, mascherata da umanitarismo, e accettazione passiva del fenomeno migratorio dal Nord-Africa, una vulnerabilità per tutta l’Area Schengen.
La reintroduzione “temporanea” dei controlli di frontiera all’interno dell’Unione Europea è prevista per situazioni eccezionali dal “Codice Frontiere Schengen” (CFS). Questa opzione offre la possibilità agli Stati membri di ripristinare “temporaneamente” il controllo alle frontiere interne in caso di grave minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza. Si tratta di una misura di “ultima istanza” per fare fronte a situazioni eccezionali, non essendo disponibili altre opzioni.
Siccome l’Italia non sta adempiendo al compito di proteggere i confini esterni dell’Area Schengen, ecco che può essere invocata questa misura di ultima istanza, prevista dal Trattato e che consente ai Paesi che hanno aderito, di sospendere la libera circolazione con gli Stati confinanti.
La durata di tale ripristino eccezionale del controllo alle frontiere interne è limitata nel tempo, a seconda della base giuridica invocata dallo Stato membro che la richiede, e dovrebbe riguardare lo stretto necessario per rispondere ad una minaccia specifica.
Poi ci sono Paesi come la Francia e l’Austria che già dal 2015 la invocano continuamente e ripristinano i controlli alle frontiere con il nostro Paese, quindi… .
Attualmente hanno proposto di poter reintrodurre i controlli alle frontiere interne i seguenti Paesi: Austria, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Svezia che aderiscono agli Accordi di Schengen.
E ora, per la prima volta, anche il nostro Paese ha richiesto di poter ripristinare i controlli di frontiera con la Slovenia, a partire dal 21 ottobre fino al 30 ottobre 2023, motivando questa richiesta alla Commissione con l’aumento della minaccia di violenza all’interno dell’UE a seguito dell’attacco a Israele, con il rischio di possibili infiltrazioni terroristiche dalla rotta Balcanica, con la costante pressione migratoria via mare e via terra, con l’aumento del flusso migratorio del Mediterraneo centrale e con il confine terrestre sloveno.
I casi previsti come circostanze eccezionali, che mettono a rischio il funzionamento generale dell’Area Schengen, sono quelli descritti dall’articolo 29 del CFS, quando la libera circolazione europea è messa a rischio a causa di gravi e persistenti carenze nel controllo delle frontiere esterne e nella misura in cui tali circostanze costituiscono una grave minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza europea.
Il Consiglio dell’Unione Europea può, sulla base di una proposta della Commissione, raccomandare che uno o più Stati membri decidano di ripristinare il controllo di frontiera su tutte o su parti specifiche di esse, come avviene su tutto il confine italiano con la Francia e parti del confine tra Italia ed Austria.
Tale raccomandazione è formulata come misura di protezione degli interessi comuni all’interno dello spazio Schengen, in particolare quelle di cui all’articolo 21 del codice frontiere Schengen, che stabilisce che gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità, rilasciato da una delle Parti contraenti, possono sulla base di tale permesso e di un documento di viaggio in corso di validità, circolare liberamente per un periodo massimo di tre mesi nel territorio delle altre Parti contraenti, a condizione che soddisfino le condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c) ed e).
I paragrafi dell’articolo 5 stabiliscono le condizioni che devono soddisfare gli stranieri per entrare in Europa, per soggiorni non superiori a tre mesi. Infatti, può essere concesso agli stranieri l’ingresso nel territorio delle “Parti contraenti” ma, come definito dal Comitato esecutivo, a patto che siano in possesso di uno o più documenti validi che li autorizzino ad attraversare la frontiera e che siano in possesso di un visto valido, inoltre non devono figurare nell’elenco nazionale delle persone segnalate della Parte contraente interessata.
Siccome gli stranieri che sbarcano in Italia lo fanno clandestinamente, gli altri Paesi europei dispongono della base giuridica per richiedere la sospensione degli Accordi di Schengen e possono reintrodurre i controlli frontalieri ai confini interni.
Questi controlli arrecano un danno enorme alla nostra economia, perché si generano code interminabili ai valichi di frontiera, con disagi sia per i turisti, sia per gli autotrasportatori che possono impiegare anche 24-48 ore per passare un confine che non dovrebbe più esistere.
Ma purtroppo questa è la realtà che da molti, troppi anni, caratterizza il nostro Paese come “il ventre molle dell’Area Schengen”.
Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale