Susanna Camusso: “Donne e lavoro: in 30 anni niente è cambiato in meglio” – Dai provvedimenti per le donne contenuti nel Pnrr allo smart working, Susanna Camusso a tutto tondo ai microfoni di Sette
«Le donne non possono essere soddisfatte» dai provvedimenti contenuti nel Pnrr: netta Susanna Camusso ai microfoni di Sette. L’ex leader della Cgil ha spiegato infatti che nel piano stilato dal governo sono previste solo dichiarazioni d’intenti, «mancano misure concrete con impatti misurabili».
Nel corso della lunga intervista, Susanna Camusso ha evidenziato che negli ultimi 20-30 anni niente è cambiato in meglio per donne, ricordando che le ultime grandi conquiste risalgono al decennio 1968-1978. Poi negli anni Ottanta, con la crisi industriale, è iniziato l’arretramento con l’interruzione di un processo riformatore del Paese: «I movimenti di questi anni sono nati per difendere le conquiste precedenti».
Soffermandosi sul Pnrr, Susanna Camusso ha sottolineato che il progetto incentiverà la crescita di settori come digitale e costruzioni che sono prevalentemente maschile e ha la falla di non porre dei correttivi. «Stiamo parlando di trasferimenti che verranno dati alle imprese: si potrebbero inserire vincoli legati anche all’occupazione femminile», ha spiegato la sindacalista, che ha poi definito «totalmente insufficienti» i fondi mobilitati per gli asili nido. Nonostante gli investimenti, l’Italia assume una posizione di retroguardia, quando invece rappresentano un mezzo fondamentale per aiutare le donne a non uscire dal mondo del lavoro.
«Se si vuole fare un vero piano per l’occupazione femminile è dai servizi educativi, sanitari e sociosanitari che bisogna ripartire», il parere di Susanna Camusso, che ha poi criticato la decisione di dare la precedenza allo smart working alle donne con figli piccoli: «In pratica si è trasformato il lavoro agile in uno strumento di conciliazione. Che poi significa di nuovo non farsi carico del problema e scaricare tutto sulle donne […] In pandemia il lavoro da casa ha salvato vite. Ma ora va ripensato in chiave avanzata di lavoro in autonomia e per obiettivi e non come trasposizione a casa del lavoro in ufficio. Molto dipende dalla capacità delle imprese di cambiare mentalità. Di certo, se il lavoro agile verrà usato in modo sbagliato, andremo incontro a un ulteriore impoverimento del lavoro nel nostro Paese».