Scuole – Per farla finita con il paternalismo e i luoghi comuni sulle occupazioni studentesche abbiamo incontrato i ragazzi e le ragazze che hanno occupato i licei romani ascoltando le loro rivendicazioni. Ma ora basta parlare, zitti tutti: parlano loro.
A Roma dall’inizio dell’anno hanno occupato oltre trenta scuole. La cosa che ha stupito molti di quelli che, come me, guardavano con simpatia l’iniziativa degli studenti e delle studentesse, è il grado di elaborazione delle piattaforme di rivendicazione rese pubbliche e diffuse ai giornali e tramite i profili social dei vari collettivi.
Pagine zeppe di riflessioni e numeri, scritte in uno stile niente affatto retorico e molto incisivo. Descritto come un rituale stanco dai benpensanti e dal paternalismo degli ex contestatori, le occupazioni delle scuole romane hanno invece dimostrato che rappresentano un momento di effervescenza, presa di parola ed elaborazione di una nuova generazione di studentesse e di studenti che si affascia sulla scena pubblica in mezzo ad una pandemia che ha sconvolto le loro vite, con l’incubo della crisi climatica che incombe sulle loro vite e mettendo al centro temi nuovi.
Abbiamo deciso di far parlare di tutto ciò direttamente loro, in particolare il reporter di Fanpage.it Daniele Napolitano ha incontrato i ragazzi e le ragazze del Coordinamento studentesco del III Muncipio di Roma, che hanno occupato contemporaneamente i licei Nomentano, Orazio, Aristofane e Archimede, condividendo una stessa piattaforma.
Dalle rivendicazioni di questi ragazzi e di queste ragazze emerge l’urgenza di ripensare una scuola permeabile al territorio e alle loro istanze, che sia fisicamente attraversabile oltre l’orario scolastico e che sappia accogliere le loro istanze. Chiedono di riformare la didattica, prendono di punta docenti e dirigenti scolastici parlando di metodi di valutazione, di un insegnamento meno frontale, lottano insomma contro l’autoritarismo di ritorno della scuola azienda permeata di retorica della meritocrazia.
Ci sono poi due questioni dirimenti che riguardano l’educazione di genere – intesa come educazione sessuale ed educazione sentimentale – e la salute mentale, per cui chiedono alle scuole nuovi servizi di ascolto e strumenti.
Ma ora basta, zitti tutti: parlano loro.